Laura Pausini
6:35 am, 17 Marzo 21 calendario

Pausini: «La nomination la dedico al mio babbo»

Di: Redazione Metronews
condividi

MUSICA Si commuove e piange calde lacrime la dolce regina della musica pop italiana, durante la conferenza stampa per la nomination agli Oscar 2021, arrivata dopo la vittoria ai Golden Globes. Laura Pausini con  “Io sì/Seen”, scritto insieme a Niccolò Agliardi e alla pluri-premiata Diane Warren  (il brano è la colonna sonora del film “La vita davanti a sé” di Edoardo Ponti, con Sophia Loren protagonista), accoglie la candidatura nella categoria Best Original Song come «un traguardo per la nostra cultura. “Io sì”, già disco di platino, è tra i 20 brani più suonati in radio negli Usa: cantato in italiano è tanta roba!».
Il 25 aprile sarà anche la sua notte degli Oscar: Laura Pausini, che effetto fa?
«Da quando ho vinto Sanremo mi chiedo cosa abbia di particolare la mia vita: da allora ho deciso di non accontentarmi e di fare il meglio che potevo. A volte sbagliando. E la candidatura è una cosa talmente più grande che non so come prenderla, tanto mi sento piccola. Certo, oggi sono una donna, ma di quella ragazzina che a 18 anni era al Festival ho la stessa ansia e la stessa gioia. Il principio, cantare, è sempre uguale, ma intorno c’è un altro mondo che cambia e ci si deve adattare. Io mi butto sempre. I traguardi mi spaventano: dopo gli Oscar cosa c’è? Il pianobar, la mia mansarda dove cantavo e i vicini mi bussavano perché abbassassi il volume? L’entusiasmo non manca e la solita domanda mi ronza in testa: sarò capace di fare di più e con chi? Perché da sola non ho mai fatto niente. La mia voce è un dono, ne sono orgogliosa, ma c’è bisogno di altro: canzoni, musicisti, produttori…».
È cambiata la sua quotidianità dopo la nomination?
«Eh sì, non faccio che interviste con giornalisti americani: è tutto gigante in una realtà in cui siamo chiusi in casa. Sono confusa! Mi ha chiamato anche la Loren: sono piena di riconoscenza perché lei mi ha scelta. Che emozione sentirla complimentarsi!».
La grinta di Laura. 
«Sono molto fragile e impaurita, ma ho sempre voglia di spingere sull’acceleratore. Ho bisogno di tanta energia e positività. La nomination arriva in un momento difficile: vorrei fosse un regalo anche per chi non mi segue e non ama la mia musica».
È un po’ il compimento di una carriera. 
«Quando mi chiama Pippo Baudo ancora ho l’ansia. Le star straniere non mi fanno lo stesso effetto… Ansia da prestazione? Sì, sono andata anche da una psicologa. “Perché io?” mi domando. Mia figlia non me lo chiede, io sì. Se dovessi vincere? Spero non finisca qui che sia una ripartenza. I compagni di scuola dicono che mi mancano solo le olimpiadi, ma sono negata per lo sport».
Nella canzone ci sono versi che rispecchiano l’epoca pandemica.
«La canzone è nata in inglese, il testo era già stato commissionato. Quando io l’ho sentita e poi interpretata sulle immagini, Ponti ha chiesto di fare qualche frase in italiano, Diane stessa ha detto di farla tutta nella nostra lingua. Con Agliardi ci siamo stati sopra un mese, perché la metrica inglese è complicata da trasporre. Non era una canzone pensata per la pandemia ma eravamo già stati chiusi: in agosto si riapriva e mi dicevo “vai, che non dobbiamo più dedicarla a questo periodo!” invece…». 
Le regole di Laura.
«Quel che ho costruito non mi ha portato a nessun premio. “La Pausini che team ha dietro?” in molti si chiedono. Ma ci sono delle regole: lavorare duro e raccontare quel che si fa al mondo. Sono spontanea, rompo le scatole alla casa discografica affinché il disco sia promosso anche fuori dall’Italia. Io non ho fatto la vendemmia, ma sono nata in un paese e so che fatica si fa e mi rimbocco le maniche. Per 10 anni mi son detta di essere fortunata: sì ho il sedere grande, ma c’è anche dell’altro. Ho paura di sentirmi speciale ma devo rendermene conto se non voglio piangere sempre».
La Pausini e l’America.
«Il Sudamerica mi ha formato come donna più che come star: non sono super wow, sono io, piango e mi emoziono (e lo fa davvero sfogandosi così, ndr). E non ce la faccio più a star chiusa senza live. Quando vinco mi sento più italiana più che mai (singhiozza, ndr.): quando ho vinto Sanremo ho detto grazie Italia e non grazie mamma! Solo sul palco mi sento tranquilla».
L’importanza delle proprie radici.
«Non mi preparo mai discorsi per l’eventuale vittoria. Stavolta ho pensato che dovevo fare una dedica al mio babbo. L’ho già scritta: a lui dedico la nomination! Ho cominciato con lui a casa: lui musicista e cantante ha lavorato con orchestre romagnole, anche con Raul Casadei. Ha aperto un pianobar, cosa nuova per la sua epoca: a casa studiava in garage, provava stili diversi e io lo studiavo. Non mi ha mai chiesto di cantare. Al mio 8° compleanno io gli ho voluto un microfono in regalo e da lì ho iniziato. Mi ha sempre detto che il sogno di fare pianobar da sola, come prima donna, era troppo piccolo, dovevo sognare più in grande. Mi ricordo i 70 mila spettatori di San Siro come i primi 100 del pianobar».
La famiglia.
«Se mio padre non mi scrive dopo le mie esibizioni vuol dire che non ho cantato bene. La mamma mi bacchetta sulla forma: mi rimprovera, ancora adesso che ho 47 anni, perché magari ho detto qualche brutta parola. Sono troppo ruspante. Qualche parolaccia mi scappa sempre. Si stava meglio senza i social, forse, era tutto meno immediato».
 
 
 
ORIETTA CICCHINELLI
 

17 Marzo 2021
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il giornale
Più letto del mondo