Lavoro
5:01 pm, 14 Dicembre 20 calendario

Non riapriranno più 17mila imprese

Di: Redazione Metronews
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Il 68,9% delle imprese è in piena attività nonostante l’emergenza sanitaria da Covid, il 23,9% è parzialmente aperta, svolgendo la propria attività in condizioni limitate in termini di spazi, orari e accesso della clientela, mentre il 7,2% è chiusa. E’ quanto emerge dal report Istat sulle imprese di fronte al Covid nel quale sono state intervistate oltre un milione di imprese tra ottobre e novembre con riferimento al periodo giugno-ottobre.
Circa 73 mila imprese, che pesano per il 4% dell’occupazione, hanno dichiarato di essere chiuse: 55 mila prevedono di riaprire e 17 mila no (l’1,7% delle imprese pari allo 0,9% degli occupati). I quattro quinti delle imprese oggetto di indagine (804 mila, pari al 78,9% del totale) sono microimprese (con 3-9 addetti in organico), 189 mila (pari al 18,6%) appartengono al segmento delle piccole (10-49 addetti) mentre sono circa 22 mila quelle medie (50-249 addetti) e 3 mila le grandi (250 addetti e oltre) che insieme rappresentano il 2,6% del totale. Più della metà delle imprese è attiva al Nord (il 29,3% nel Nord-ovest e il 23,4% nel Nord-est), il 21,5% al Centro e il 25,9% nel Mezzogiorno.
L’85% delle unità produttive “chiuse” sono microimprese e si concentrano nel settore dei servizi non commerciali (58 mila unità, pari al 12,5% del totale), in cui è elevata anche la quota di aziende parzialmente aperte (35,2%). Le attività sportive e di intrattenimento presentano la più alta incidenza di chiusura, seguite dai servizi alberghieri e ricettivi e dalle case da gioco. Una quota significativa di imprese attualmente non operative si riscontra anche nel settore della ristorazione (circa 30 mila imprese di cui 5 mila non prevedono di riprendere) e in quello del commercio al dettaglio (7 mila imprese). Il 28,3% degli esercizi al dettaglio chiusi non prevede di riaprire rispetto all’11,3% delle strutture ricettive, al 14,6% delle attività sportive e di intrattenimento e al 17,3% delle imprese di servizi di ristorazione non operative.
Tra le imprese attualmente non operative, quelle presenti nel Mezzogiorno sono a maggior rischio di chiusura definitiva: il 31,9% delle imprese chiuse (pari a 6 mila unità) prevede di non riaprire, rispetto al 27,6% del Centro, al 23% del Nord-ovest e al 13,8% del Nord-est (24% in Italia).  
Tra giugno e ottobre regiostra un calo di fatturato per oltre due terzi delle imprese. Il 32,4% (con il 21,1% di occupati) segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività e il 37,5% ha richiesto il sostegno pubblico per liquidità e credito, ottenendolo nell’80% dei casi.
Cambiano le abitudini dei consumatori. La diffusione della vendita di beni o servizi mediante il proprio sito web è quasi raddoppiata, coinvolgendo il 17,4% delle imprese. E c’è voglia di ripresa. Nonostante la crisi, il 25,8% delle imprese (che occupano il 36,1% degli addetti) è orientata ad adottare strategie di espansione produttiva.
Il 68,4% delle aziende (che rappresentano il 66,2% dell’occupazione) dichiara una riduzione del fatturato nei mesi giugno-ottobre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel 45,6% dei casi il fatturato si è ridotto tra il 10% e il 50%, nel 13,6% si è più che dimezzato e nel 9,2% è diminuito meno del 10%. Rispetto a marzo-aprile 2020, si conferma dunque un’alta incidenza di imprese con il valore delle vendite in flessione (erano il 70%) ma si riduce l’intensità: il 41,4% delle imprese aveva infatti riportato una riduzione del fatturato superiore al 50% rispetto agli stessi mesi del 2019, il 27,1% tra il 10 e il 50% e il 3% meno del 10%.
Scende anche l’incidenza di casi di mancata realizzazione di fatturato (1,9% rispetto al 14,6% di marzo-aprile) mentre si amplia la quota di imprese con valori del fatturato stabili (19,9% rispetto a 8,9% di marzo-aprile) o in aumento (il 9,8% rispetto al 5%).
 La quota di imprese con vendite in crescita risulta superiore alla media nazionale nella provincia autonoma di Trento (17,5%), in Veneto (12,5%) e Abruzzo (12,3%). Sul versante opposto, la quota di imprese che fanno registrare una flessione del fatturato superiore al 50% è più alta nel Lazio (18,3%), in Sicilia (17,4%), Campania (17,3%) e Calabria (17,1%).
In termini settoriali, in particolare nelle industrie farmaceutiche l’incidenza di dinamiche positive, pur consistente (22% dei casi), è inferiore a quella di marzo-aprile (28%); l’opposto avviene per l’industria chimica (21,8% a giugno-ottobre e 18,6% a marzo-aprile).
La quota di operatori che riportano una perdita di fatturato compresa tra il 10 e il 50% è superiore alla media complessiva (45,6%) nel comparto dei beni alimentari (50,8%) e in quello dei beni di investimento (49,2%).
 Il commercio, in particolare quello al dettaglio, ha risultati in linea con quelli aggregati nonostante le restrizioni anti Covid: il 42,3% registra un calo del 10-50%, il 10,6% di oltre il 50% e l’11,2% di meno del 10%. Molto peggio l’andamento dei servizi ricettivi: il 43,5% dichiara assenza di fatturato o una diminuzione superiore al 50%, il 43% un calo del 10-50%. Analogamente, il comparto della ristorazione registra il prevalere di flessioni, anche se di un’intensità inferiore rispetto a quello ricettivo: il 26,7% non registra fatturato o subisce riduzioni di oltre il 50%, il 56,3% tra il 10-50%.
 La necessità di adottare misure sanitarie e adeguare i processi produttivi al fine di ridurre il rischio di contagio ha riguardato la quasi totalità delle imprese Italiane con almeno 3 addetti. Solo l’1,4% (che rappresenta una quota inferiore al punto percentuale in termini di addetti) ha dichiarato di non averne presa alcuna.
 

14 Dicembre 2020
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