Luciano Ligabue
6:49 am, 2 Dicembre 20 calendario

Ligabue: «77+7 Perché io non mi arrendo»

Di: Redazione Metronews
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MUSICA Ligabue torna con una doppia uscita per celebrare i 30 anni di carriera. Venerdì 4 dicembre il disco d’inediti “7” (tra spicchi di vita, incantesimi, atmosfere oniriche) e la raccolta “77+7”. Sono i 77 singoli che hanno fatto la storia musicale del rocker di Correggio che non vede l’ora di tornare live: il 19 giugno a Campovolo.
«È stato un anno particolare nella sua sfiga e nella sua tragicità», spiega il cantante autore, regista, scrittore, padre di 2 figli, con 22 album, 6 libri, 3 film, oltre 800 concerti, all’attivo. «Avevamo tanto in mente per festeggiare, rinviato il concerto a cui tenevo di più, costretti a fermarci per covid, abbiamo guardato al passato e l’impressione è che ho pubblicato tanto, persino troppo, lavorando a testa bassa come un ariete».
7 è il suo numero magico.
«Il mio preferito. Perché, quando arrivava ancora la posta scritta a mano, 2 lettere di 2 numerologhe mi avevano detto che il mio numero era il 7 come le lettere che compongono il mio nome… nel 1987 il mio primo concerto, la prima traccia più popolare “Certe notti” era la n.7. Quindi, ho continuato con questo feticcio. Perché inimicarsi le stelle?».
Oggi è arrabbiato?
«Spesso e mal volentieri. Mi oppongo al fatto che “la pelle venga liscia solo dopo la rassegnazione” come canto. Mai rassegnarsi, bisogna sempre combattere e sperare».
A proposito degli inediti.
«“La ragazza dei tuoi sogni” non mi aveva mai convinto. Poi sono riuscito a trovare una chiave. “Essere umano” è quella col suono più attualizzato e “Oggi ho perso le chiavi di casa” inizia così perché perdo spesso le chiavi veramente, ma è anche la metafora del perdere se stessi e poi ritrovarsi. “Volente o nolente”? Era una demo incisa con Elisa nello stesso giorno de “Gli ostacoli del cuore” e non mi piaceva la mia parte che ho riscritto. La canzone durante il lockdown l’ho riascoltata, e mi è parsa attuale, cantata da Elisa col candore di 15 anni fa era giusta».
Creatività e lockdown.
«La creatività è legata agli stati d’animo che uno prova. Diversi per ciascuno, dalla paura allo scotto psicologico che tutti stiamo pagando e lo capiremo poi. La creatività è condizionata da quel che provi e può essere una reazione all’attimo. Volente o nolente e Mi ci pulisco il cuore fanno il conto con quanto stiamo vivendo. Le canzoni non risolvono la vita ma possono essere una mano sulla spalla, portare calore e tenere compagnia, questa la speranza».
Come si sta preparando per l’evento di Campovolo?
«Sono ancora fase di estrema frustrazione, incazzatura, rabbia, sono una pentola a pressione perché questa festa, che avrebbe meritato chiunque aveva preso il biglietto, è stata troppo rimandata. Ma credo che quella serata lì andrà oltre il concerto, ci libereremo di tante cose a livello di stati d’animo, ma lo scopriremo solo vivendo…».
A proposito del perdersi, Liga si è mai perso?
«Mi è capitato facendo questo mestiere meraviglioso. Ho 60 anni e se qualcuno mi avesse detto che sarei arrivato fin qui non c’avrei creduto. Ma l’intensità la si paga. Forse è colpa dell’identità che si assume: nel 1999 pensavo di smettere, poi una vocina diceva “se smetti come fai a non fare concerti?”. Allora non ero preparato a quella mole di successo e negli anni successivi: non ero pronto all’isolamento che questa cosa produceva e a essere raccontato per quel che non ero. Certo, sono uno che conosce la solitudine: so stare solo, che è diverso dal sentirsi solo…come tutti. Era il motivo della mia crisi: mi sentivo solo tra tanti che mi vedevano per quel che non ero».
Cosa avrebbe fatto in alternativa?
«Certo non il metalmeccanico: fu una tortura per me, anche se formativa quella parentesi. Davanti, ricordo, avevo un collega che lavorava alla macchina da 25 anni e fischiettava contento. Io avrei comunque fatto un mestiere di testa, ma per qualche anno potevo campare di rendita».
Luciano ed Elisa: altri duetti in vista?
«Con Elisa non ci sono programmi di altro tipo. Io non ho mai messo duetti in un mio album, e già averlo fatto una volta… ma chissà!».
Liga canta “Essere umano”. Pensa a un nuovo umanesimo post pandemia?
«Se così fosse, dovrei essere dotato di grande ottimismo. Io dico che è un’occasione da non perdere: la possibilità di godere degli aspetti dell’evoluzione del nostro mondo per riuscire a stare meglio e non peggio».
Tormenti e gioie di Liga?
«Mi tormento quando vedo le cose brutte che ho scritto e fortunatamente non pubblicate, ma scrivere per me è un buon modo di occupare il tempo e fare i conti con me stesso. La gioia? Nel riascoltare le belle canzoni incise».
Un’ospitata a Sanremo?
No, grazie! E poi neanche si sa se e come si farà!
Un ritorno al cinema?
«Ho fatto film quando avevo storie che non potevo non raccontare: è un lavoro troppo faticoso che mi fa rinunciare a un anno e mezzo di musica. “Made in Italy” era irrinunciabile per me, non so se mi capiterà ancora. Ma ho smesso di dire “non lo farò mai più” perché poi mi sono sempre smentito».
Il primo concerto?
«Fu con 100 persone su un palchetto, con due luci e un mixer, ma quel che ho provato quella volta lì, ha fatto sì che io volessi fare proprio quello. Per me fare concerti vuol dire avere avanti qualcuno che rimbalza le emozioni che sto provando, con i suoi occhi, l’espressione… l’elemento umano è decisivo per come vivo io la musica. Ma il futuro non si sa! Se il progetto streaming sarà l’unico modo vedremo. Ma spero di no. Verrebbe a mancare l’elemento determinante nell’esperienza umana».
“È andata così”, l’ultimo suo libro, è un lavoro ricco.
«È un libro veloce, scritto durante il primo lockdown: scrivevo un capitolo al giorno con lo staff che mi recuperava foto dei concerti e tutto quanto fatto negli anni. Un salvagente emotivo per me e non essendomi mai soffermato sul passato è stata occasione unica per rivivere emozioni che avevo bisogno di ricordare. Un libro catartico in tal senso. Un po’ di nostalgia c’è, i capelli bianchi pure, ma non mi piace stare nella comfort zone, anzi vista la mole delle pubblicazioni all’attivo non sono mai riuscito a starci fermo».
ORIETTA CICCHINELLI

2 Dicembre 2020
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