“Le nostre vite ostaggio dei tamponi”
PISA Un’intera famiglia costretta a casa da venti giorni nel limbo dei tamponi per Covid. Quattro persone che per fortuna stanno bene, ma che non sanno quando potranno tornare a uscire. Una storia ormai comune a tanti, ma che solo quando si testa sulla propria pelle assume le dimensioni di un girone infernale.
Tutto ha inizio una sera di metà ottobre quando Gabriele, 14 anni, di Pisa, accusa un po’ di dolori e qualche linea di febbre. Il giorno dopo il suo medico stabilisce che non può andare a scuola e prescrive un tampone per covid. La palla passa alle Asl, che dovrebbero contattare la famiglia per prendere l’appuntamento per il tampone. Trascorrono cinque giorni e nessuno si fa vivo. Gabriele accusa dei dolori, ma in pochi giorni la febbre passa. Quando sta meglio, all’inizio del sesto giorno, viene contattato dalle Asl, che lo spediscono al drive in di POntedera di sera per fare il famigerato tampone. Dopo due giorni il verdetto: è covid. Dovrebbero scattare i protocolli. Ma nessuni si fa vivo con la famiglia. Nel frattempo, Silvia, mamma di Gabriele, si ammala. Febbre, dolori e perdita del gusto. Silvia lavora in un ufficio pubblico. Avverte immediatamente i colleghi che potrebbe aver contratto il virus e che è in attesa del tampone. Il suo medico la rassicura che presto sarà contattata dalle Asl. Passano i giorni, ma nessuno si fa vivo. Alla fine il medico di famiglia si prende la responsabilità e le prescrive il tampone. Sono passati altri sei giorni. Silvia si presenta sempre a POntedera a mezzanotte. Dopo altri otto giorni, ancora non la chiamano per dirle se ha il virus oppure no.
«In tutto questo – racconta SIlvia – anche mio marito e l’altra mia figlia iniziano l’isolamento volontario a casa. MA a 14 giorni dai primi sintomi di mio figlio, nessuno ci ha contattato. Solo dopo 16 giorni, finalmente arriva la telefonata che certifica l’inizio della quarantena per mio marito e mia figlia. Ora siamo in attesa del secondo tampone di mio figlio. Dei risultati del mio primo tampone e dell’appuntamento del primo tampone per mia figlia e mio marito. Mi chiedo: quando ci libereranno da questi arresti domiciliari? Noi siamo fortunati perché stiamo bene. Però a Pisa non abbiamo parenti. Adesso nessuno di noi 4 può uscire di casa, neanche per buttare l’immondizia o fare la spesa. Mio figlio vive barricato nella sua stanza da settimane, gli passiamo il pranzo e la cena. Ci hanno proposto l’albergo per lui, ma posso mandare un ragazzo di 4 anni da solo in albergo per chissà quanti giorni?».
Silvia spiega che in questi giorni ha ricevuto telefonate allarmate dei suoi amici e colleghi che le chiedono anche di non fare i loro nomi nell’eventuale tracciamento dei contatti, perché non vogliono affrontare giorni e giorni di arresti domiciliari in attesa dei tamponi che non arrivano.
VALERIA BOBBI
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