Boom consumi in Congo per carne di selvaggina
CONGO In barba alla pandemia di Covid-19 e ai rischi di contagio dagli animali selvatici, in Repubblica democratica del Congo è boom di caccia alla carne di scimmia, antilopi, pangolini e porcospini. Lo ha riferito il quotidiano francese Le Monde in un reportage nelle foreste dell’Ituri, habitat di molte specie a rischio estinzione a causa dell’intensificarsi del bracconaggio, della deforestazione e della crescente richiesta di questi tipi di carne.
Enormi quantitativi
Secondo stime del Wwf, ogni anno 3 milioni di tonnellate di selvaggina vengono prelevati nella foresta congolese per alimentare il commercio illegale. Un altro quantitativo significativo viene consumato dai residenti nelle zone forestali e nelle città, dove la carne è venduta nei mercati senza controllo veterinario.
Sequenze diverse
All’inizio della pandemia il sospetto di possibile trasmissione del Sars-Cov-2 dall’animale all’uomo è ricaduto sul pangolino, una delle specie cacciate nelle foreste congolesi. Secondo i virologi, però, il tasso di identità tra le sequenze del virus e quelle del pangolino raggiunge il 90,3%. «Un tasso inferiore rispetto a quelli abitualmente osservati tra i ceppi che infettano l’uomo e l’ospite intermedio», ha spiegato il virologo Etienne Decroly. Ma in condizioni di crescente promiscuità tra l’uomo e le specie animali, il rischio di trasmissione di patologie rimane elevato, come dimostrano i precedenti dell’Hiv e di Ebola.
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