Scarseggia la volontà di normare il green
Capisco che scrivere di ripartenza mentre siamo ancora nel pantano si rischia di passare per ciucchi. Qualcuno deve pur pensarci e conforta che le imprese e i professionisti italiani sono sul pezzo. Si danno da fare. Ci sono tecnologie e capacità in abbondanza. Fa difetto la lentezza nell’adeguare leggi e normative e, a pari, le pastoie burocratiche. Ho sentito un pool di esperti del settore green durante l’international colloquium Green New Deal, organizzato da Fondazione Istud. Il verde è ritornato di moda durante la pandemia. C’è offerta, disponibilità di persone a caccia di idee e un apparato tecnologico che corre. Il green è la carta che dovrebbe aiutarci a riandare. Pompando il Pil e coprendoci dal lato salute. Una nuova qualità di vita e una conversione drastica alla sostenibilità riduce i rischi di malattie pericolose.
Dalla mobilità all’economia circolare le aziende sono avanti anni e anni rispetto a leggi e normative che dovrebbe varare lo Stato e che non fa perché incasinato e incompetente. Così si perdono primati preziosi che ci favorirebbero nella corsa con gli altri competitors stranieri. L’idrogeno, che sostituirà la benzina, è lasciato un po’ al suo destino. La Germania sta investendo 9 miliardi e la Francia 7. In particolare nelle stazioni di rifornimento, che in Italia sono 4. Ne servirebbero 200. Scarseggia la volontà di normare oltre gli incentivi e la defiscalizzazione. La spinta a decidere, scegliere. La diffusione delle tecnologie di pompe a calore, energia rinnovabile al 70% del sottosuolo, su un milione di edifici dei 12 milioni esistenti comporterebbe risparmi in bolletta del 50%. Coercizione normativa, certo, e obbligatorietà anche quando si parla di economia circolare. Intervenendo sulle aree in ritardo. Quando hanno chiuso le frontiere cinesi ce ne siamo accorti con roghi ovunque. Nell’arco dei due anni scoppierà la “bomba” del tessile. Il Recovery Fund servirà a mettere ordine?
MAURIZIO GUANDALINI
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