“Acqua di Fukushima può fare danni al Dna”
Le acque “trattate” di Fukushima sversate in mare potrebbero arrivare a danneggiare il Dna umano. E’ l’allarme lanciato da Greenpeace alla notizia dell’intenzione del governo giapponese di riversare nell’oceano parte delle acque che sono state decontaminate dopo la fuga di radiazioni dalla centrale nucleare in seguito a uno tsunami nel 2011. Nonostante da quelle acque siano state rimosse le principali sostanze radioattive, quelle rimaste possono potenzialmente provocare danni al Dna umano, ha sostenuto l’organizzazione ambientalista, indicando livelli “pericolosi” di carbonio-14, oltre che di trizio.
Proprio il carbonio-14 ha un tempo di dimezzamento di 5.370 anni e viene “incorporato in tutti gli esseri viventi”, concentrandosi “nel pesce a un livello migliaia di volte superiore al trizio”; questo ha “il potenziale per danneggiare il Dna umano”, ha sottolineato Greenpeace. Una precisazione necessaria dal momento che l’attenzione finora si è appuntata solo sul trizio (un isotopo radioattivo di idrogeno che le centrali nucleari diluiscono e sversano insieme all’acqua nell’Oceano) che non può essere rimosso dal sistema di filtraggio usato dalla Tepco.
“Quasi 10 anni dopo il disastro, Tepco e il governo giapponese stanno ancora coprendo l’entità della crisi alla centrale di Fukushima”, ha affermato Shaun Burnie, autore del rapporto, ricordando che le sostanze radioattive “restano pericolose per migliaia di anni con il potenziale di causare danni genetici”. “Un’altra ragione per la quale queste centrali devono essere abbandonate”. La decisione del governo giapponese è attesa per la prossima settimana: secondo i media, il progetto dovrebbe prendere il via nel 2022 e impiegare un decennio per essere completato. Contro il piano, si sono schierati pescatori e industria ittica, preoccupati per le conseguenze sul settore.
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