La camorra e gli affari dei ristoranti in centro
ROMA Da piazza Navona a via de’ Coronari, passando per Trastevere, Fontana di Trevi, Pantheon e Castel Sant’Angelo, sono 14 i ristoranti riconducibili al clan Moccia finiti nel mirino dei carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci, coordinati dalla Dda di Roma.
Sono 13 le persone arrestate, otto in carcere e cinque ai domiciliari, accusate a vario titolo di estorsione, intestazione fittizia di beni ed esercizio abusivo del credito, tutti reati commessi secondo l’accusa con l’aggravante del metodo mafioso. I militari hanno anche sequestrato beni per 4 milioni di euro.
Alcuni dei locali, già sequestrato a persone riconducibili ai Moccia, erano stati presi in carico da imprenditori costretti a pagare 300 mila euro al clan di Afragola con interessi criminali ben radicati su Roma. Altri ristoranti erano stati affidati a dei prestanome. Al vertice dell’organizzazione secondo gli investigatori c’erano Luigi e Angelo Moccia. Quest’ultimo è considerato il reggente della famiglia dopo le sanguinose guerre di camorra con il clan Giugliano degli anni ‘80 e ‘90.
Angelo Moccia, condannato all’ergastolo, nel 1992 decise di dissociarsi ammettendo le sue responsabilità ma senza tirare in ballo altri affiliati. Uscito dal carcere nel 2016, si era trasferito a Roma, zona Parioli. Da qui, avrebbe ripreso a riciclare denaro proveniente da traffici illeciti nei ristoranti sparsi per le zone più pregiate di Roma, ma non solo. Le indagini, che comprendono le attività dei fratelli Moccia da gennaio 2017 a ottobre 2018, hanno anche intercettato i prestiti elargiti a Claudio D’Alessio, figlio del noto cantante Gigi, e all’allora presidente del Mantova Marco Claudio De Sanctis, costretti per mesi a restituire rate a tassi molto alti per prestiti pari a 30 mila euro. La forza intimidatrice del gruppo si intuisce in un’intercettazione, quando uno degli indagati confida al telefono, tiferendosi ai Moccia: «Questi c’hanno un esercito a disposizione».
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