il ponte di genova
2:35 pm, 9 Luglio 20 calendario

Tutti i nodi da sciogliere Atlantia soffre in Borsa

Di: Redazione Metronews
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Il titolo Atlantia è in sofferenza a Piazza Affari dopo la decisione della Corte Costituzionale che ha ritenuto legittima la decisione del Parlamento di non affidare ad Aspi la ricostruzione del Ponte Morandi a Genova. Le azioni di Atlantia, al parziale delle 12.10 circa, perdono l’8,11% a quota 13,16 euro per azione, con un minimo a quota 12,97 euro toccato in mattinata quando il titolo è finito anche in asta di volatilità. Sempre ieri, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha affermato che sul dossier Autostrade entro questa settimana si arriverà a una decisione.
Mit. Si terrà invece oggi al Mit l’incontro tra la stessa Aspi e il governo: l’azienda incontrerà i capi di gabinetto per discutere un possibile accordo sulla concessione. Tutto comincia il 14 agosto del 2018 con il crollo del Ponte Morandi di Genova. Da allora sono passati quasi due anni ma lo stallo sulla concessione di Autostrade continua tra minacce, tentativi di riconciliazione e timore – da parte del governo – di dover pagare la ‘bellezza’ di 23 miliardi di euro in caso di revoca della concessione.
La revoca. La concessione è un atto amministrativo, in particolare un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto, con cui la pubblica amministrazione consente a un concessionario l’uso di risorse oppure l’esercizio di un’attività. Nel caso di Aspi si tratta di una “concessione di servizi”. La concessione può essere revocata, in base all’art. 176 del codice dei contratti pubblici, sulla base di varie giustificazioni: “per inadempimento dell’amministrazione aggiudicatrice o […] per motivi di pubblico interesse” oppure “per inadempimento del concessionario”. Nel secondo caso si applica l’art. 1453 del codice civile, secondo cui l’inadempimento deve essere accertato dalla magistratura. Se viene accertato, allora l’amministrazione aggiudicatrice può revocare la concessione al concessionario senza dover pagare penali. Anzi, lo Stato può anche chiedere il risarcimento del danno. Se invece lo Stato decide di revocare senza attendere il responso dei giudici o andando contro una sentenza che non dichiari l’inadempimento del concessionario, è costretto a risarcire i costi sostenuti, pagare lui le eventuali penali e indennizzare il mancato guadagno.
Convenzione con Aspi. In base alla convenzione siglata tra Stato e Autostrade per l’Italia, in caso di revoca – anche se questa dipendesse dal grave inadempimento del concessionario – il governo sarebbe comunque tenuto a pagare ad Aspi i ricavi “prevedibili” fino alla scadenza del contratto, al netto delle varie spese e di alcune correzioni (art. 9 e 9 bis). In caso di grave inadempimento accertato dai giudici, Aspi dovrebbe pagare una penale allo Stato pari al 10 per cento dell’indennizzo ricevuto. In sostanza, nella condizione più sfavorevole per Autostrade per l’Italia la convenzione prevede comunque che lo Stato dia ad Aspi circa il 90 per cento dei guadagni che avrebbe avuto, al netto delle varie spese, fino al 2038. Per lo Stato, secondo i calcoli di Mediobanca, l’esborso potrebbe arrivare a circa 23 miliardi di euro.
Il decreto Milleproroghe approvato alla fine dell’anno scorso consente al governo di affidare direttamente ad Anas in via provvisoria la concessione revocata o decaduta e limita le possibilità di indennizzo del concessionario a una cifra stimata in circa 7 miliardi, corrispondente all’ammortamento degli investimenti messi a bilancio e non più ai mancati introiti. La norma, inoltre, esclude espressamente la possibilità che Aspi, avvalendosi dell’articolo 33 della Convenzione il quale consentirebbe il recesso a fronte di modifiche sostanziali introdotte con nuove leggi, possa decidere autonomamente la restituzione della concessione ottenendo in cambio un adeguato indennizzo. Atlantia, che controlla Aspi, ritiene la norma incostituzionale e, in una lettera inviata alcuni giorni fa al vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha accusato il governo di aver violato le regole europee. Le alternative sul tavolo del governo per risolvere la situazione sono essenzialmente due: la revoca o il passaggio della maggioranza di Autostrade sotto il controllo dello Stato. L’ipotesi più accreditata è l’ingresso in Aspi di Cdp e F2i che verrebbero a controllare il 51% della concessionaria con Atlantia in minoranza (oggi ha l’88% di Aspi). Al loro fianco potrebbero esserci Poste Vita e alcune Casse di previdenza professionali. E si parla anche del possibile ingresso nella struttura azionaria del fondo infrastrutturale australiano Macquarie. Per arrivare a un accordo, tuttavia, è necessario che compratore e acquirente siano d’accordo sul prezzo. Cosa che, almeno fino ad oggi, non si è verificata.

9 Luglio 2020
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