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2:51 am, 28 Maggio 20 calendario

La tensione è altissima Usa: fine dell’autonomia

Di: Redazione Metronews
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L’Assemblea Nazionale del Popolo, l’organo legislativo del Parlamento cinese, ha adottato la decisione di approvare la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong. Lo riferisce l’agenzia Xinhua, al termine della sessione annuale di lavoro dell’organo legislativo cinese. Sostanzialmente la legge è stata approvata, ma non è ancora promulgata e quindi non ancora effettiva. L’approvazione definitiva è prevista in una sessione successiva dell’Assemblea nazionale, che non è stata ancora fissata. La proposta di legge è stata approvata al termine della sessione annuale dell’Anp: il testo è ora nelle mani di una commissione legale dell’organo legislativo cinese, incaricata di scrivere una versione definitiva che deve essere ratificata dal comitato permanente.
Usa. La dichiarazione del segretario di Stato, Mike Pompeo, sulla fine dell’autonomia di Hong Kong, può alzare ulteriormente la tensione tra Washington e Pechino. Ma resta l’ultimo atto di una politica americana da sempre incerta riguardo questa area del mondo. Appena la scorsa settimana il presidente Donald Trump aveva detto che “avrebbe reagito in maniera molto forte” a qualsiasi tentativo di Pechino di privare Hong Kong della sua autonomia, preannunciando una imminente dichiarazione “interessante”. Nello scorso weekend del Memorial Day, Trump ha twittato 118 volte, senza mai citare Hong Kong.     Adesso Pompeo revoca di fatto lo speciale status di cui Hong Kong gode nelle legge Usa, ma nessuno è in grado di prevederne gli sviluppi. L’incertezza è legata alla storia controversa dei rapporti con la Cina. Nel 1997, sotto la presidenza Bill Clinton, il segretario di Stato Madeleine Albright volò a Hong Kong per le celebrazioni dell’uscita dalla Gran Bretagna, ma evitò di presenziare all’atto politico che avrebbe dato pieno riconoscimento politico alla transizione: l’inizio della nuova legislatura. Negli ultimi vent’anni la situazione non è cambiata, ma rispetto al ’97 gli Stati Uniti non sono più i dominatori incontrastati sulla scena mondiale, contesa, appunto, dalla Cina. Sotto la presidenza Trump i rapporti tra Washington e Pechino sono passati da attestati di stima a accuse incrociate, dalla guerra dei dazi alla pandemia, ma mai avevano riguardato Hong Kong. Eppure lo stesso Trump nel 2014, ai primi accenni di protesta, aveva attaccato il presidente Obama per non essere “in piazza al fianco dei manifestanti”.
Interessi.   Gli interessi statunitensi nella regione restano alti: qui vivono 85 mila americani e ci sono 1300 attività, prosperate grazie agli accordi bilaterali. In base a una legge approvata quasi all’unanimità dal Congresso, il dipartimento di Stato è tenuto, ogni anno, a fare un rapporto per certificare che Hong Kong meriti ancora lo status speciale, in base al rispetto delle libertà civili e politiche. La dichiarazione di Pompeo può innescare una serie di effetti a catena, che vanno dalle sanzioni nei confronti di Pechino alla crisi di migliaia di attività americane. Lo storico americano Jeffrey Wasserstrom ha paragonato questo momento storico a quello del crollo del Muro di Berlino, come passaggio di un popolo dall’autoritarismo alla democrazia. In questo caso, però, il processo sarebbe inverso.

28 Maggio 2020
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