ercolano
6:19 pm, 23 Gennaio 20 calendario

I resti ritrovati forse sono di Plinio il Vecchio

Di: Redazione Metronews
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Sarebbero proprio di Plinio il Vecchio i resti umani scoperti ormai più di cento anni fa sulla spiaggia tra Ercolano e Stabia. A stabilirlo un nuovo progetto di ricerca scientifica durato due anni che ha permesso di arricchire di particolari questo ritrovamento e di accreditare ulteriormente l’ipotesi che si tratti proprio dell’illustre ammiraglio romano che è noto soprattutto per averci restituito la testimonianza diretta dell’eruzione del Vesuvio che portò alla distruzione di Ercolano e Pompei.
Resti. I resti umani – un cranio e una mandibola – sono stati scoperti dall’ingegnere napoletano Gennaro Matrone che, ai primi del ‘900, condusse scavi alla foce del Sarno dai quali vennero alla luce 70 scheletri, sono ora conservati presso l’Accademia di Arte Sanitaria di Roma. I risultati, prodotti da studiosi delle Università di Roma, La Sapienza”), Firenze, Macerata, dell’IGAG-CNR, sono stati illustrati nel dettaglio al pubblico oggi, nella seconda parte del convegno dedicato all’apertura del 100° Anno accademico dell’Istituzione.
Plinio il Vecchio. Sempre più verosimilmente sembra si tratti dell’unica reliquia esistente di un personaggio celebre dell’antica Roma, un intellettuale che ci ha lasciato ben 37 libri completi di storia naturale e che, al tempo stesso, fu un eroico ammiraglio. Come ha tramandato in due lettere suo nipote Plinio il Giovane, nel 79 d.C. Plinio sacrificò la propria vita sulla spiaggia di Stabia per salvare i civili investiti dalla catastrofica eruzione del Vesuvio che seppellì Pompei ed Ercolano. Plinio il Vecchio divenne così l’artefice della prima operazione di protezione civile (documentata) della storia umana. L’input iniziale è partito dall’ing. Flavio Russo che nella pubblicazione dello Stato Maggiore della Difesa “79 d.C., Rotta su Pompei” aveva preso in esame una serie di importanti indizi. L’idea di far eseguire una serie di studi è stata rilanciata dallo storico dell’arte e giornalista Andrea Cionci il quale, grazie a sponsor privati e alla onlus Theriaca costituita dall’Accademia, ha potuto coordinare una serie di rilievi ed esami scientifici sul reperto. L’idea di far eseguire una serie di studi è stata rilanciata dallo storico dell’arte e giornalista Andrea Cionci il quale,  grazie a sponsor privati e alla onlus Theriaca costituita dall’Accademia, ha potuto coordinare una serie di rilievi ed esami scientifici sul reperto. Gli esami sui denti della mandibola inferiore avevano inizialmente fornito un’età di morte sconfortante: 37, mentre Plinio è morto a 56 anni. Fondamentale è stato scoprire che la mandibola non appartiene al cranio: l’esame del Dna ha dimostrato che si tratta di due individui diversi. La mandibola potrebbe (il condizionale è d’obbligo) a uno schiavo numida di Plinio. L’esame delle suture craniche per la calotta fornisce un’età di morte compatibile con quella di Plinio. Oltre a questo, gli studiosi hanno messo insieme una serie di coincidenze derivanti dalla posizione del corpo e soprattutto dal ricco corredo aureo ascrivibile a un altissimo ammiraglio romano. “Le probabilità che la calotta sia di Plinio aumentano, dunque, ma una sola cosa è assolutamente certa – spiega Andrea Cionci, promotore e coordinatore del Progetto Plinio – fino allo stato attuale degli studi nessun indizio è emerso per negare che quella calotta cranica appartenga veramente al grande personaggio. Sperando che l’Accademia possa essere sovvenzionata, o dallo Stato o da altri privati, proseguiremo nelle ricerche”.

23 Gennaio 2020
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