Guerra all’odio social con profili “certificati”
ROMA Internet compie mezzo secolo – il 29 ottobre 1969 la prima trasmissione dati tra due computer in Usa – e la deriva dei social ne mette a nudo i limiti. Ultimo il caso della sequela di insulti razzisti e minacce – oltre 200 al giorno – di cui è vittima la senatrice 89enne Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti. Caso sul quale la Procura di Milano ha aperto un’indagine. Un clima che sta spingendo il Parlamento ad istituire una Commissione straordinaria «contro l’odio» – oggi pomeriggio sarà votata in Senato – anche per mettere mano ai meccanismi che governano il web. Una strada molto stretta, considerata la protezione universalmente riconosciuta – e violata solo nei Paesi sotto regime – del diritto all’anonimato.
Commissione anti odio
A rilanciare la necessità di un giro di vite è stato il regista Gabriele Muccino, che ha auspicato l’identificazione obbligatoria per chi vuole aprire un profilo sui social network. Una misura contenuta in diverse proposte di legge che giacciono da tempo in Parlamento (Maran alla Camera e Pagano al Senato), ripresa ieri da Luigi Marattin con il plauso del Pd. «Il web può essere una meravigliosa occasione per allargare e rafforzare le nostre democrazie – ha detto il deputato di Italia viva – sta finendo invece per manipolarle, distorcerle e deteriorarne la qualità». Anche Forza Italia si dice pronta a lavorare con chi vuole «porre un argine alla violenza verbale sul web». Per garantire l’anonimato, l’idea di Marattin è quella di un meccanismo di “certificazione” esterna, in modo da non dover cedere dati personali ai social network. Ma restano i nodi della navigazione in incognito (o da un altro Paese) sempre possibili, mentre in realtà l’identificazione è già praticabile con l’IP univoco del punto di collegamento.
Bruxelles vigila
Intanto sulle fake news da Bruxelles la Commissione europea «elogia» l’impegno delle grandi piattaforme online nei loro sforzi di trasparenza, ma «la propaganda e la disinformazione persistono e c’è ancora molto lavoro da fare. Non possiamo accettare che questa sia una nuova normalità». È quanto si legge nella relazione annuale di autovalutazione dei big del web (Facebook, Google, Microsoft, Mozilla, Twitter e 7 associazioni di categoria europee) pubblicata dall’esecutivo Ue.
Più trasparenza
La relazione si basa sulla autovalutazione delle piattaforme on line ai sensi del Codice di condotta sulla disinformazione. Bruxelles elogia «l’impegno per diventare più trasparenti», tuttavia «le relazioni forniscono scarse indicazioni sull’impatto delle misure di autoregolamentazione, nonchè sui meccanismi di controllo indipendente».
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