«Yuli, un gran ballerino che voleva essere calciatore»
ROMA È andato sino all’Avana per vedere le prove di Carlos Acosta con la sua giovane compagnia e lì è rimasto due settimane: «Visti da vicino mi hanno strabiliato. Davanti ai miei occhi si muovevano danzatori tra i migliori del mondo, e la loro collaborazione con Carlos aveva qualcosa di davvero speciale. Così ho pensato che potevo raccontare la sua vita, Cuba e un po’ di storia attraverso la danza e non certo attraverso un biopic tradizionale».
Così racconta Paul Laverty, storico sceneggiatore di Ken Loach, che si è avvicinato alla danza di Carlos Acosta, considerato uno dei più grandi ballerini del mondo, per la prima volta raccontato in un film dalla regista Icíar Bollaín e da lui stesso.
“Yuli – danza e Libertà”, dal 17 ottobre sarà in sala e Laverty, arrivato a Roma per presentarlo, giura di non aver voluto «finti passi o attori che impazziscono per imparare qualche movimento in poche settimane, come in questo genere di film. Volevo catturare la maestosità della danza dal vero, in tutta la sua bellezza, fatica e disciplina».
Del resto si trattava di raccontare la storia non di un ballerino per vocazione ma di un ragazzino che non voleva danzare: «Voleva fare il calciatore, odiava la danza ma suo padre capì da subito che aveva un talento straordinario e che l’Accademia di danza a Cuba avrebbe potuto aiutarlo anche ad uscire dalla povertà. Senza la determinazione del padre che lo riportava lì ogni volta che lui fuggiva, nulla sarebbe accaduto».
SILVIA DI PAOLA
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