intervista con Pannofino
5:30 am, 27 Settembre 19 calendario

«Quei cori razzisti? Non vanno bene per niente»

Di: Redazione Metronews
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ROMA Si è già esibito nei panni di Drupi e Barry White. Stasera sarà “Tale e Quale” a Fred Buscaglione per cantare “Che bambola” nello show su Rai1 condotto da Carlo Conti. Lui è  Francesco Pannofino.
Come mai ha deciso di entrare nel cast di “Tale e Quale Show”?
«In realtà se ne parlava già da tempo ma nelle precedenti edizioni non ho potuto partecipare per altri impegni. Stavolta, invece, ho detto: vado».
L’abbiamo vista nelle prime due puntate nei panni di Drupi e poi in quelli di Barry White. Quale dei due sente più vicino a lei?
«Tutti e nessuno. C’è talmente poco tempo per “entrare” in un personaggio che subito dopo l’esibizione bisogna già pensare al successivo».
Toccata e fuga, insomma.
«È un gioco. Io canto come posso. Di sicuro, mi sto divertendo un sacco».
La sua partecipazione è stata un po’ discussa: hanno sottolineato che lei è l’unico famoso presente nel cast…
«Mica è colpa mia!»
A proposito di non famosi, è vero che lei da giovanissimo faceva il “bibitaro” allo Stadio Olimpico di Roma?
«Quando avevo 15 o 16 anni ero seduto al banco di scuola accanto a un ragazzo che faceva il bibitaro. Io, che venivo da un paesino piccolo, sognavo di poter andare all’Olimpico per vedere tutte le partite gratis. Così il mio amico mi portò con lui. E poi guadagnavo anche qualche soldino che non dava affatto fastidio».
In quegli anni è diventato tifoso della Lazio?
«Precisamente nel 1974 quando la Lazio vinse lo scudetto. Poi ho dovuto aspettare altri 26 anni per rivivere quella gioia…».
Gioia che non può condividere in famiglia visto che suo figlio invece è un tifoso della Roma…
«Andrea è un tifofo sfegatato della Roma. Ma il calcio non può e non deve interferire nei rapporti umani. Ci sono persone che, addirittura, rifiutano l’amicizia di qualcuno solo perché segue la squadra avversaria. È una cosa assurda».
Oggi il tifo non è così “rispettoso” dell’altro tra botte da orbi e cori razzisti. Che ne pensa? 
«Ne penso tutto il male possibile. C’è un idiota che parte e tanti altri idioti che, fomentandosi tra loro, gli vanno dietro. Un gran segno di inciviltà. Queste persone ci sono sempre state così come le fazioni calcistiche che diventano poi fazioni politiche. Non va bene per niente. Quello che non capisco è perché nessuno faccia nulla. Basterebbe isolare queste persone: sospetto che tutti sappiano chi sono questi idioti ma per chissà quale motivo li lasciano fare».
Ha accennato alla politica. Lei ha assistito al rapimento di Aldo Moro e all’uccisione dei cinque agenti della sua scorta in via Fani. Che ricordo ne ha?
«Avevo 19 anni. Ero per caso lì, stavo andando all’università. Sentii degli spari. Giusto il tempo di capire che erano raffiche di una mitraglietta. Scappai subito ma poi tornai indietro. Ricordo i morti, lo sportello dell’auto aperto, i bossoli per terra e tanto sangue. Dopo poco arrivò la polizia. In quel periodo mi occupavo di musica e di sport ma partecipavo anche a manifestazioni anti terrorismo. Era un periodo orribile: si viveva in una Roma in bianco  e nero con polizia e carabinieri ovunque. Non lo ricordo volentieri».
Cambiamo argomento allora. Lei è attore, doppiatore, ha lavorato in radio e ha registrato diversi audiolibri. Che vuole fare davvero, Pannofino? 
«Andare in vacanza».
Dove? 
«In Polinesia, non ci sono mai stato e dicono tutti che è un paradiso».
La riporto in Italia, al cinema. Lei ha doppiato personaggi del calibro di Banderas, Washington, Clooney, Hanks ma ha prestato la sua voce anche a Capitan Sbudella in “L’era glaciale 4”. Quale differenza c’è tra doppiare un personaggio in carne ed ossa e un cartoon?
«Doppiare un cartoon è molto più difficile perché si tratta di personaggi che sono sempre molto sopra le righe, sono personaggi eccessivi. Capitan Sbudella poi ha un timbro particolare».
Di personaggio in personaggio. Come sta Renè Ferretti, il regista protagonista della serie tv “Boris”?
«Sta bene, è lì che dorme. “Boris” è stata la cosa più prorompente che ho fatto, per me ha rappresentato la svolta. Tra gli autori c’era anche Mattia Torre, mancato da poco, purtroppo. Ricordo che durante la riprese di “Ogni maledetto Natale”, dovevo prendere una sberla da mia moglie, Laura Morante. Lei ha una bella paletta e tira certe pappine niente male. Mattia mi fece rifare diverse volte quella scena sostenendo che la mia faccia dopo la sberla non andava bene. “Te parte er coatto, France’. Rifamola”, ripeteva. Lo ricordo così, con quella frase».
Dal ricordo al virtuale. Che rapporto ha con i social?
«Sono su Instagram ma lo vivo come fosse un album di fotografie. Alcuni si fanno ipnotizzare dai social credendo troppo nelle amicizie virtuali. Bisognerebbe dimenticarsi il cellulare a casa ogni tanto».
Torniamo al suo Buscaglione di stasera. È pronto?
«Pronto anche per i passetti di danza. Ma non aspettatevi Fred Astaire».
PATRIZIA PERTUSO

27 Settembre 2019
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