«Porto al cinema il tabù della sessualità»
ROMA Come sopravvivere alla morte, al lutto, alla perdita. Anzi come sa farlo una donna. Anzi come può farlo una donna attraverso il suo corpo, il sesso, la riscoperta di sé che passa attraverso tutto questo. Ce lo mostra Lunetta Savino in “Rosa” , opera prima di Katmandu Koloa, dal 18 in sala, che lei definisce «un film davvero insolito per l’Italia».
Che cosa significa?
«Che è un film che racconta senza paura e oltre i soliti tabù. Un film che fa un grande passo, proprio perché per raccontare il blocco di una donna dopo la perdita della figlia e la sua rinascita, affronta il tema della sessualità femminile di cui non si parla non solo nel cinema. Non se ne parla come se non esistesse».
Perché?
«È un argomento tabù e qui si ha avuto il coraggio di affrontarlo legandolo al tema del lutto. Una sfida. È difficilissimo raccontare o far vedere una donna che prova piacere, perché veniamo da secoli di maschilismo e di racconti fatti dagli uomini per gli uomini».
Quanto sono cambiati oggi gli uomini?
«Non abbastanza. Ogni giorno sentiamo di donne violentate e di femminicidi proprio perché molti uomini non sanno cambiare e reagiscono follemente alle libertà che le donne ormai esigono. Il nostro è un mondo ancora troppo al maschile. Anche nel cinema: non a caso è molto difficile per una donna trovare dei ruoli belli e significativi. Con “Rosa” sono stata fortunata».
SILVIA DI PAOLA
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