«Il Bataclan c’ha lasciato una paura vaga e costante»
ROMA La storia è quella di un pugno di ragazzi direttamente e indirettamente vittime del terrorismo in una città che è Parigi ma potrebbe essere Londra, Baghdad o Bombay. Qualunque luogo in cui qualche giovane paga l’assurdità della violenza. Di più. “Quel giorno d’estate” (dal 30 in sala) firmato da Mikhaël Hers mostra ciò che non sappiamo o non vogliamo sapere. Il dopo.
In che modo, Mr. Hers?
«Attraverso la storia di un giovane che si ritrova a occuparsi della sua nipotina – che prima non era capace neanche di andare a prendere a scuola – dopo la morte della sorella. Attraverso il ritratto dei giovani di oggi, l’inafferrabile “generazione Bataclan”, oggetto di così tanti dibattiti».
Il film parla di loro e non degli attentati ma mostrare un brandello di quella realtà era inevitabile?
«Era solo questione di trovare il modo e i tempi giusti. Dopo i fatti del 13 novembre eravamo sommersi da immagini, sempre le stesse, in loop. Immagini che hanno creato un vuoto anziché aiutare a capire e superare quanto successo. Nel film ho tentato di prendere il controllo su tutto ciò».
Attraverso il racconto della quotidianità?
«Sì, gli attacchi hanno avuto un forte impatto sul modo in cui le persone si comportano. Inconsciamente ma inevitabilmente, con tutto l’aumento delle misure di sicurezza, si crea una paura costante, un senso di insicurezza, quando si è in un luogo pubblico affollato. È un nuovo aspetto della vita nelle nostre città».
SILVIA DI PAOLA
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