Ma io cercavo il gobbo con la verruca sull’occhio
Se Notre Dame stava a Washington, Trump gli mandava i canadair per smorzare le fiamme. La finezza di un costruttore edile, ca va sans dire. Tombale. Quanto il clamore esagerato per il rogo parigino. Capisco il sensazionalismo, pane quotidiano. Ma la condita disperazione di mezzo mondo, le preghiere per le strade, quel non si può fare a meno di Nostra Donna per eccellenza. Sa di ipocrisia pelosa. Aria alla bocca e incapacità di reazione. Lo dico da turista. Quando andai a Notre Dame mica pensavo fosse il simbolo dell’Occidente. O alla grande fiamma tra i campanili vista da Victor Hugo. E neppure spasimavo per il gotico, rimaneggiato da un pesante barocco. Cercavo il gobbo con la verruca sull’occhio.
L’ha ricordato Sgarbi chiudendo il faldone in pochi minuti: ora la si ricostruisce, punto a capo. L’abbiamo fatto per la Fenice di Venezia. Un teatro maestoso e vivo grazie al maquillage dei bravi artigiani che l’hanno rimesso a nuovo. Così a Bari, il Petruzzelli, eppoi la Cappella della Sindone a Torino. Fino a Dresda e Lipsia, riedificate guardando i quadri del Canaletto. Trovare la giusta misura, le proporzioni, agli accadimenti, serve, per non cadere nel drammone. E buttarsi giù. Impaurirsi.
Si discute dei motivi dell’incendio. In Italia non sarebbe successo, secondo alcuni che raccolgono l’occasione buona per sfigurare i francesi rompiballe. E’ l’Europa che ha abdicato alle radici cristiane, incapace di custodire i suoi luoghi di culto, sghignazza chi ci vede più un tornaconto elettorale a Strasburgo che un segnale divino. Dopo la settimana santa c’è la resurrezione. Il simbolismo motivazionale lotta insieme a noi. Alla ricerca sottotraccia di una rivendicazione. Terroristica, per via della caduta della guglia che rappresentava un dito teso verso Dio. E legare l’incendio a un banale errore? E’ peggio, ha detto un prelato. Perché dimostra che la vita è fragile. Proprio una sorpresa da uovo pasquale. Meglio la colomba del Cavalier Cocozza.
MAURIZIO GUANDALINI
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