Guerra e sfollati In Libia è caos
Dialogo con tutti per arrivare al cessate il fuoco e percorrere la strada della soluzione politica. Il premier Giuseppe Conte intensifica l’attività diplomatica per cercare una exit strategy sulla Libia ed evitare allo stesso tempo che l’escalation in atto non provochi conseguenze anche sul fronte immigrazione. L’Italia si prepara ad ogni scenario, a confrontarsi con tutte le parti in causa, anche per proteggere le aziende italiane che lavorano in Libia. C’è preoccupazione per il riemergere della minaccia terroristica e per il rischio di una crisi umanitaria che avrebbe serie conseguenze per il Paese libico e per l’intera regione. Per questo motivo il premier ha auspicato «un pronto ritorno al tavolo negoziale» e sottolineato «l’importanza della coesione internazionale a sostegno della pace e della stabilità nel Paese, nell’interesse innanzitutto della stessa popolazione libica». Conte ieri ha avuto diversi incontri diplomatici di alto livello sulla crisi libica.
Il presidente libico Fayez Serraj ha dichiarato che 800 mila migranti sono pronti a partire verso l’Italia. «Ringrazio l’Italia, per aver tenuto aperta la sua ambasciata, per mantenere in funzione l’ospedale da campo a Misurata, per il supporto politico che il governo Conte ci sta offrendo. Ma siamo di fronte a una guerra di aggressione che potrà diffondere il suo cancro in tutto il Mediterraneo. C’è bisogno che l’Italia e l’Europa siano unite e ferme nel bloccare la guerra di aggressione di Khalifa Haftar, un uomo che ha tradito la Libia e la comunità internazionale», ha dichiarato il premier del Governo di accordo nazionale (Gna) della Libia, Fayez al-Serraj.
Da parte sua Haftar tramite il portavoce dell’Esercito nazionale libico a commento degli incontri diplomatici a Roma sulla crisi libica ha dichiarato: «Posso dire a tutti che questa battaglia è contro il terrorismo, contro gli estremisti, contro chi ha giocato a pallone con le nostre teste, contro chi ha rubato i soldi dei libici e ha causato la crisi dei cittadini libici». Haftar secondo alcuni media sarebbe rimasto deluso dai suoi viaggi a Mosca e al Cairo dove non avrebbe ricevuto l’aiuto militare che sperava ma solo sostegno politico.
Ma per Ghassan Salamé, inviato speciale dell’Onu in Libia, quanto accade a Tripoli è «un colpo di Stato, e non un’operazione antiterrorismo». Salamè esclude anche la possibilità di incontri negoziali tra le parti in conflitto, al momento.
Il bilancio delle vittime della battaglia di Tripoli intanto si è aggravato. 160 persone sono state uccise e oltre 800 sono rimaste ferite, tra queste 300 in modo grave. Sono almeno 50 i bambini morti.
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