Massimo Di Cataldo
6:00 am, 20 Febbraio 19 calendario

«I rapper? Non hanno il senso della rivoluzione»

Di: Redazione Metronews
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INTERVISTA Dalla musica underground Anni ’80 al cinema tra i Belli e dannati by Gus Van Sant, da I Ragazzi del muretto a Castrocaro, trampolino per Sanremo 1995 e oltre. Dalla fiction Rai al reality Music Farm, tour mondiali e 7 album all’attivo (l’ultimo del 2009, “Chissenefrega” con la sua etichetta indipendente). Nel 2018 festeggia i 25 anni di carriera e torna in Tv partecipando a “Ora o mai più” e “Tale e quale show”. Con un nuovo album in arrivo, Massimo Di Cataldo, cantautore romano, classe 1968, ne ha fatta di strada.
Guardando indietro cosa vede? Il bicchiere è mezzo pieno?
«Dal mio primo singolo del 1993 (Io sto sbroccando per te), un blues divertente, sì ne ho fatte di cose. Ma sono sempre molto realista, quindi il bicchiere lo vedo a metà: penso sempre a quel che verrà, restando sul presente e lavorando costantemente. Mi piace essere impegnato e curiosare».
È in rotazione radiofonica da gennaio “Con il nastro rosa”, una gemma dall’ultimo album targato Battisti-Mogol. Nessun timore a confrontarsi col maestro?
«Sì, da “battistiano” qualche timore l’avevo, ma ci sono entrato in punta di piedi. Faccio questo pezzo da tanto nei miei concerti: quando uscì avevo 12 anni e sono stato folgorato. Ho sempre sognato di realizzarne una mia versione per rendere omaggio ai maestri che mi hanno ispirato. Battisti, ma anche Mogol che ha scritto liriche straordinarie ed è stato un punto di partenza per me».
Il suo nuovo cd d’inediti, l’ottavo, uscirà in primavera: 10 anni dopo l’ultimo.
«È un album che nasce con l’idea dei dischi come si facevano negli Anni ‘60-70 quando contenevano frammenti di vita che erano stati già pubblicati come singoli. Conterrà anche i tre brani appena usciti. Non è ancora chiuso».
Com’è cambiato il modo di fare musica oggi?
«Ho l’impressione che le nuove produzioni rap-trap siano un po’ solitarie, sguarnite, quasi fatte in casa, con poca collaborazione tra musicisti. Un tempo ci si riuniva insieme con delle grandi jam-sassion…a me piace ancora così, usando certamente anche le tecnologie. Queste nuove produzioni le sento fredde e troppo digitali. Mi danno l’idea di pomeriggi passati nelle camerette con un portatile. Sì anche quello è fare musica, ma avverto molta solitudine, poca apertura al sole alla natura alla gente che è altro da noi.
Sono comunque pezzi tosti che parlano della durezza della vita, se pensiamo a Gemitaiz o Salmo…
«Certo, i nostri rapper denunciano delle cose tremende, nelle loro canzoni, come facevamo anche noi, ma è come se non vedessero l’alternativa. O forse non c’è?! Mi manca in loro il senso di rivoluzione che era nei Beatles e anche in noi. Preferisco Elio e Le Storie che hanno un approccio intelligente alla vita e, pur usando termini non politicamente corretti nelle loro canzoni, sono musicisti pazzeschi».
Da “allievo” di Patty Pravo in “Ora o mai più” che ci dice della sua insegnante?
«È un’artista e una donna meravigliosa.  Nicoletta è una di quelle che si è votata al suo lavoro: lei è se stessa in ogni momento. Mi ha dato degli strumenti per avere un approccio professionale ma con una certa leggerezza, senza ansia da prestazione. Patty è molto sull’onda quando interpreata un pezzo e sa surfare. Quando canta sta in equilibrio, con leggerezza, ma anche con quella sacralità fondamentale per chi vive di e per la musica».
 
ORIETTA CICCHINELLI

20 Febbraio 2019
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