I mille volti della paura del piacere delle donne
Anche io come Baglioni scrivo su fogliettini le idee dello scriba, oltre alle cose da fare, dire, comprare. Stamattina ho ripreso due righe che mi ero segnato quando ho visto quel cartello appeso davanti alla Mangiagalli. Il manifesto che invitava vigliaccamente (chi pensa che una donna che abortisce abbia altre possibilità è un nemico di tutte le donne) a non fermare il cuore del feto, al coraggio, e tutta una retorica che mi ha fatto venire i brividi.
Ci ho passato bel tempo in quella clinica, ci sono nate le mie due figlie, mi hanno anche messo i ceppi alle ruote, quando mi chiamarono e corsi come un pazzo perché era giunto il momento, e posteggiai sotto, subito, chissenefrega. Ci sono stato anche per un aborto spontaneo, come milioni di padri mancati. E in quei momenti ne ho viste di donne costrette ad abortire; ho visto la loro tristezza e la loro rassegnazione. Ne ho ascoltate di storie. Che questi movimenti religiosi ignorano volutamente. Ottusi nella loro idea di mondo. Quella dove la donna è custode e vittima del focolare.
Non sono poi tanto lontani, dagli stessi nuclei familiari che anche nella nostra Italia fanno mutilare i genitali alle figlie. Sempre del costringere un corpo a una volontà imposta, si tratta. Non sono donna e non ho nulla a che fa fare con i monologhi della vagina: il mio maschile è un atto d’amore. Nei confronti di quella voce che un amico chiamava ‘il prugnino’, nome che contiene dolcezza e sostanza. Quelle grandi e piccole labbra che nei secoli hanno spesso taciuto i loro sapienti desideri, e che oggi, nelle stanze in cui vivete e lavorate sono labbra libere. Ma sono ancora una minoranza, nel mondo. E la libertà, dove c’è, è sempre sotto accusa. Perché al dunque, comanda l’ovvio: la paura del piacere di una donna. Il più grande e delizioso mistero che abbiamo.
MAURIZIO BARUFFALDI
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