Oltre la scienza
1:30 pm, 10 Gennaio 19 calendario

La speranza dei 337 ibernati

Di: Redazione Metronews
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USA Congelare il corpo alla morte, per poi risvegliarsi tra centinaia di anni: un’ipotesi fantascientifica, che però ha convinto finora 337 persone nel mondo a scegliere questo trattamento post mortem, mentre altre migliaia sono in attesa. Solo in Italia sono una decina coloro che hanno stipulato un contratto con una delle tre aziende che si occupano di ibernazione o crioconservazione dei cadaveri.  Due di queste società si trovano in America: sono la Alcor Life Extension Foundation, in Arizona, fondata nel 1965 da Evan Cooper, e la Cryonics Institute di Clinton Township, Michigan, che vanta i prezzi più economici. Infine, l’unica società che opera in Europa è la  KrioRus, con sede a Mosca e collegata con agenzie funebri dei vari Paesi,  anche italiane, che si occupano del trasporto delle salme in Russia.
La tecnica
In cinquant’anni la tecnica di crioconservazione è cambiata molto, a partire dalle sostanze chimiche usate per sostituire il sangue. Nel 1967, quando fu ibernato il primo cadavere (si trattava di James Bedford, un professore di psicologia dell’università della California, morto a 73 anni) è stato  usato il dimetilsolfossido, un composto dello zolfo che ora è considerato fortemente tossico.
Tra gli italiani che hanno avuto accesso alla tecnica di cui si conosce la storia ci sono Aldo Fusciardi, probabilmente il primo nel nostro paese, morto nel 2012.  La persona più giovane che ha avuto accesso alla tecnica è Matheryn Naovaratpong, malata di tumore al cervello, che i genitori hanno fatto ibernare a due anni. In tutti i casi si tratta di un atto di fiducia, perché le tecniche attuali, ammettono le stesse compagnie, non permettono di scongelare i corpi senza danneggiarli irreparabilmente.
Nuovi studi sul letargo
Ingannare il cervello risvegliando un meccanismo ancestrale che permetteva ai primi mammiferi di andare in letargo: è questa la strada che sta seguendo la ricerca italiana, volta a indurre l’ibernazione nell’uomo per rendere più efficaci le cure anticancro, ma anche per affrontare con maggior sicurezza le future missioni umane su Marte. Ne abbiamo parlato con Matteo Cerri, neurofisiologo presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna.
Ci sono novità sull’ibernazione umana che possano far sperare in un ritorno alla vita dei cadaveri congelati?
Alle conoscenze attuali assolutamente no. Quello su cui stiamo concentrando la nostra ricerca è il letargo degli animali. Una stato di sonno profondissimo, che comunque è ancora vita. Un uomo non riesce ad entrare in letargo, eppure questo meccanismo era presente nei protomammiferi al tempo dei dinosauri, 200 milioni di anni fa. Vogliamo capire come mai si sia bloccato in alcuni animali, mentre in altri continua a esistere.
A quale temperatura arriva un corpo in letargo?
Sono temperature molto basse: basti pensare che gli scoiattoli artici vanno in letargo a una temperatura di  -2 gradi centigradi.  Un uomo non riesce a entrare in letargo: vogliamo capire in che modo viene spenta la parte della cellula che consuma energia e come il cervello riesce a controllare questo processo.
Cosa pensa delle persone che si fanno ibernare?
Ognuno è libero di fare quello che vuole, purché siano consapevoli che alle conoscenze attuali è impossibile risvegliare un cadavere.
 
«Scommetto sullevoluzione della scienza»
Vitto Clautt è il presidente regionale del Codacons friulano ed è uno degli otto italiani che ha stipulato un contratto con l’americana Alcor per essere ibernato appena morto.
Come mai questa decisione?
Perché gli scienziati sono sicuri che tra qualche decennio sarà scoperto il segreto della vita eterna e io voglio esserci.
Non è mai attraversato da dubbi sulla sua decisione?
Assolutamente no: sono un ottimista di natura.
Quanto le è costata questa futura ibernazione?
Io mi sono iscritto oltre quindici anni fa: allora costava 175 mila dollari, oggi ne costa 290 mila. Ma non ho pagato direttamente alla Alcor: ho sottoscritto un contratto con un’assicurazione che pagherà al momento della mia morte.
Quanto tempo resterà ibernato e cosa ne sarà dopo di lei?
Per massimo 400 anni. Poi, se non sarà possibile ancora risvegliarmi, il mio corpo diventerà di proprietà della Alcor e lo potranno usare per fare esperimenti e ricerca.
Se tutto andasse come lei si aspetta, si risveglierà comunque da anziano.
No, perché se oggi la vita media è di 80 anni,  e secoli fa era di 40, tra qualche decennio si arriverà a 160 anni. Quindi, se anche dovessi morire a 90 anni, quando sarà risvegliato sarò ancora giovane. Non escludo di farmi anche ri-ibernare a quel punto.
Cosa dicono i suoi parenti di questa decisione?
Quando ero in vita mia madre diceva che ero un po’ matto. E forse lo pensano in molti nella mia città, ma in  io sono solo innamorato della vita. Non voglio morire. Los criva: non mi importa cosa pensano di me. Le chiedo solo un favore, non scriva la mia età.
VALERIA BOBBI

10 Gennaio 2019
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