La green economy e la volontà politica
Il “green” potrebbe rappresentare l’asset su cui costruire un cambiamento vero per l’Italia. Garantire al settore dell’economia verde 8 miliardi di euro di investimenti pubblici annui, per i prossimi 5 anni, attiverebbe 21 miliardi di euro di risorse private, generando un valore di produzione di 74 miliardi e in media oltre 660mila nuovi posti di lavoro, su base annuale .
Significherebbe raddoppiare quelli che ad oggi sono i posti di lavoro verdi stimabili, circa 3 milioni di unità, come ci indicano alcune recenti ricerche in materia.
Sarebbe davvero un Belpaese, che eviterebbe i notevoli costi ancora causati dall’inquinamento e dagli altri impatti ambientali, con la capacità di utilizzare e promuovere innovazione e diffusione di buone pratiche, più responsabili e sostenibili.
Bisognerebbe promuovere misure atte a prevedere un forte incremento delle fonti di energia rinnovabili, ma anche azioni di riqualificazione profonda degli edifici privati e pubblici, il conseguimento di nuovi target europei di riciclo dei rifiuti; la realizzazione di un serio programma di rigenerazione urbana; azioni incisive per la mobilità urbana sostenibile e per l’agricoltura ecologica e di qualità; la riqualificazione del sistema idrico nazionale; il rafforzamento della prevenzione del rischio idrogeologico fino al completamento delle bonifiche dei siti contaminati.
Ma c’è una reale volontà politica in tal senso? Ossia sostituire via via una economia lineare con una circolare, visto che le risorse naturali non sono illimitate? Il ddl sulla Legge di Bilancio appena presentato alla Camera dei Deputati non sembra voler intraprendere questo percorso virtuoso.
Lo Stato, anzi, secondo un’indagine elaborata dal Ministero dell’Ambiente, continua a garantire oltre 16 miliardi di euro in sussidi ambientalmente dannosi.
MASSIMILIANO PONTILLO
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