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6:51 am, 7 Giugno 18 calendario

La sgrammatica dei social «Ma sbagliando s’impara»

Di: Redazione Metronews
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ROMA “Ti vedo scritta su tutti i muri”, e figuriamoci sui social. Ma ortografia e grammatica non sono sempre trattate bene. A volte è questione di dialetto che ha preso il sopravvento, spesso è il gergo, ma soprattutto è la lingua scritta. Troppi strafalcioni e poca padronanza della lingua italiana, con molte “a” senz’acca e i congiuntivi dimenticati. Un problema tale da non limitarsi a far storcere la bocca ai puristi. A Bariano, nella Bassa bergamasca, il Comune ha organizzato un corso di italiano rivolto agli italiani. Un ripasso di grammatica per consentire ai residenti di rispolverare le regole studiate sui banchi di scuola ma dimenticate con il passare del tempo. «Il corso è aperto a tutti – ha spiegato l’assessore Lamera – ma non è un corso di alfabetizzazione per stranieri, lo abbiamo pensato proprio per i barianesi».
L’intervista a Valeria Della Valle
Gli italiani non conoscono più l’italiano, e tanto meno sanno scriverlo. Il problema è esploso con il dilagare dei social media, infarciti di errori grossolani. Ma non tutto il male viene per nuocere, sostiene Valeria Della Valle, già docente di linguistica italiana all’Università Roma-Sapienza.
Professoressa, cosa sta succedendo? Internet è piena di errori elementari…
«Ci sono anche due aspetti positivi del dilagare della scrittura telematica. Il primo è che ha ripreso l’abitudine a scrivere un numero altissimo di persone che prima non scriveva più. Succedeva a molti di non avere più occasione di scrivere una volta concluso il ciclo scolastico, magari breve. Smettevano completamente di scrivere. Inoltre l’accesso alla scrittura digitale avviene con un mezzo che non mette soggezione, ci si sente liberi di scrivere quello che passa per la mente e nel modo più spontaneo».
Ed è un bene?
«Rompe la paura di scrivere. Ovviamente però proprio queste cose hanno risvolti negativi. Perché emergono sgrammaticature e volgarità, che si avrebbe più timore a scrivere su carta. I social sono un luogo di scambio di battute veloci, nessuna delle persone che scrivono presta eccessiva attenzione alla correttezza. Di conseguenza notiamo quanto la grammatica venga oltraggiata. C’è poi un secondo aspetto grave che riguarda la diffusione di attacchi indiscriminati nascosti dietro una presunta invisibilità: c’è una aggressività molto forte anche linguisticamente. Ci vorrebbero giusto equilibrio e attenzione maggiore. Comunque tutto questo può fare anche del bene alla lingua italiana».
In che senso?
«Confrontandosi con gli errori c’è la possibilità di correggersi. Qualche anno fa Roberto Saviano scrisse “qual’è” con l’apostrofo (va senza, errore grave a scuola) e subito è finito nel mirino l’errore di uno scrittore di successo. Attirare l’attenzione sull’errore è una ricaduta positiva. Stessa cosa con tutti i congiuntivi sbagliati ad esempio da Di Maio». 
C’è il rischio che gli errori vengano sdoganati?
«Per ora c’è stata attenzione. L’errore linguistico viene ancora stigmatizzato, censurato, condannato. Non è consentito a chi ricopre funzioni pubbliche. Finisce subito in satira. La lingua è ancora l’unica cosa che ci tiene tutti uniti come valore comune: chi la infrange, la tratta male, non è un modello ma viene condannato».
Gli errori più comuni
Esempi degli strafalcioni più diffusi (e in estrema sintesi la versione corretta).
 
La strage delle h
È comune vedere h seminate a caso. La distinzione o/ho, a/ha, ai/hai, anno/hanno è che l’acca va solo quando è verbo avere.
  
L’apostrofo a caso
L’articolo indeterminativo un/uno/una si apostrofa solo al femminile. Idem per “qualcuno”.
 
Pò non esiste
Po è il fiume, pò non esiste, un po’ va con l’apostrofo (è troncatura di poco).
 
Esplosione di accenti 
Nelle parole monosillabe in genere l’accento non va, se non esiste identica parola accentata con diverso significato. Per cui niente accento su qui, qua, su, so, va, fa, sta. Invece hanno o non hanno accento con conseguente significato diverso sì/si, là/la, lì/li, sé/se, né/ne.
  
False doppie
Si scrive a fianco, non affianco; a posto, non apposto; a volte, non avvolte; a parte, non apparte. Ma apposta e non a posta.
 
Non c’è la posso fare
A volte è colpa del correttore. Ma c’è è il verbo essere, ce un pronome come ci. Invece si scrive c’entra e non centra se “non c’entra niente”. 
Tale e quale
Qual è non si apostrofa, rappresenta un troncamento e non un’elisione. Lo stesso per tal.
 
Galanteria
Per una donna è le, non gli.
OSVALDO BALDACCI

7 Giugno 2018
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