Oliviero Toscani
1:00 pm, 29 Maggio 18 calendario

“La vera fotografia? Ha a che fare con l’uomo”

Di: Redazione Metronews
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MILANO. Lo scorso maggio è sceso in campo come fotografo al Giro d’Italia nelle tappe di Gerusalemme, Assisi, Trento, Venaria Reale e Roma. Un debutto che a 76 anni significa realizzare un sogno che culla da bambino, quando il padre Fedele, fotoreporter del Corriere della Sera, passò tre settimane sulle strade d’Italia dietro ai ciclisti. È una cosa che non ti aspetti da Oliviero Toscani, e del resto ci ha abituati da sempre ad essere spiazzati dalle sue azioni, dalle parole, dagli scatti. Il maestro da oggi torna su Sky Uno per guidare i giudici di “Master of Photography”,  terza edizione del talent europeo dedicato alla fotografia. Otto puntate con ospiti illustri tra cui Sebastiao Salgado. «In un mondo in cui tutti fotografano, un po’ di scuola fa bene – spiega Toscani – Io vengo qui per imparare, il prossimo anno potrei partecipare come concorrente».
Toscani, perché continua a scegliere Master of Photography?
«Per essere provocato e stupito dalle nuove generazioni, per capire come i giovani vedono il mondo e come lo raccontano».
Oggi con i telefonini alla mano sono tutti un po’ fotografi.
«Sì, siamo tutti fotografi, ma sono pochi quelli che hanno cultura e senso sociale, in pochi sanno che quello che  immortalano con uno scatto diventerà in futuro la memoria storica dell’umanità».
Il suo rapporto d’amicizia con Andy Warhol iniziato negli anni ’70. Cosa vi piaceva fare insieme?
«Mangiare, discutere di arte, di Italia, del panettone».
Del panettone?
«Sì, a lui piaceva molto il panettone. Non capiva come mai gli italiano lo mangiassero solo a Natale. Se glielo regalavi a luglio era contento».
Cosa stimava di Warhol?
«Andy era un marziano, un extraterrestre, aveva una visione della gente e delle cose tutta sua, molto personale. Come tutti i grandi artisti. Era una persona con un estremo senso dell’umanità e una visione della società molto eccentrica. C’è gente che nasce in anticipo».
Anche lei ha anticipato molto i tempi.
«Purtroppo sì».
Perché purtroppo?
«Anticipare i tempi comporta una costante verifica, a posteriori, e ti rendi conto quanto gli altri ti copiano. Magari migliorano qualcosa, e poi il riconoscimento va a chi copia, perché ha avuto modo di migliorare l’idea originaria, e non va a chi ha avuto l’idea».
Quand’è che ha realizzato di essere in anticipo?
«Appartengo a una generazione diversa: io ho l’età di Bob Dylan, Mohammed Ali, siamo pre-sessantottini. Appartengo all’epoca dei Rolling Stones. La società era quella che era, nessuno pensava che sarebbe diventato ricco e famoso. Ci domandavamo come avremmo vissuto. E io continuo a domandarmelo ogni giorno».
Chi erano i suoi punti di riferimento?
«Sa, io sono figlio di un fotoreporter. Ho fatto una scuola importante con i grandi maestri della Bauhaus, è stata una fortuna per me. Ho avuto un’educazione all’immagine, alla costruzione dell’immagine e alla ricerca del contenuto, che è tutta una questione culturale e di sensibilità. Devi essere portato, ma la scuola è stata importantissima».
Si sente una persona realizzata?
«Più che realizzato, direi senza remore che sono la persona più privilegiata e fortunata che io abbia mai conosciuto. Privilegiato dal destino perché sono nato sano. E poi ho conosciuto bella gente, belle donne e ho tanti figli e nipoti».
Si sente molto amato?
«Sì. Sono fortunato».
Con le sue foto ha raccontato in modo molto personale il dolore.
«C’è chi fa delle cose estetiche, che hanno a che fare con la composizione, col colore: trovo questi personaggi mediocri. La vera arte ha a che fare con la condizione umana, non solo il dolore, anche la gioia e l’umanità. Da quando esiste la fotografia conosciamo la Storia in modo più preciso, senza compromessi, e soprattutto conosciamo le violenze che l’uomo ha perpetrato sull’altro uomo».
Cosa si augura per il futuro Oliviero Toscani?
«Di essere capace di lavorare fino al giorno della mia morte».
BARBARA NEVOSI

29 Maggio 2018
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