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8:37 am, 13 Marzo 18 calendario

Cento anni fa il primo allarme antiaereo a Roma

Di: Redazione Metronews
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ROMA Cento anni fa, la mattina dell’11 marzo 1918, lo sparo a salve delle artiglierie risvegliava i romani lanciando il primo “segnale di pericolo d’incursioni aeree” sui cieli della Città Eterna. Nella notte un dirigibile Zeppelin tedesco aveva bombardato Napoli, sbagliando obiettivi e facendo una strage di civili. Nella confusione si era pensato ad un attacco condotto da una squadriglia di velivoli e si temeva che nel mirino potesse finire anche Roma. Dall’entrata dell’Italia nella Prima guerra mondiale – il 24 maggio 1915 – si erano già registrati centinaia di raid austriaci e tedeschi, con aerei o dirigibili, che avevano colpito le fabbriche e le città nelle vicinanze del fronte (in particolare Padova e Venezia) provocando 984 morti e 1.100 feriti. Erano state bombardate pesantemente anche Londra e Parigi.
Un attacco inatteso
Nessuno, però, si aspettava un attacco così a Sud. Per questo Roma – come Napoli – era assolutamente impreparata a questa evenienza. Era stata istituita una Commissione di militari e civili “per la difesa della Capitale in caso di incursioni aeree da parte del nemico”, ma solo il 6 marzo 1918 il prefetto aveva impartito delle istruzioni per l’oscuramento notturno della città. A testimoniare il caos e la concitazione vissute in Campidoglio in occasione di quel primo allarme, sono conservate nell’Archivio storico capitolino due lettere scritte nella mattinata stessa dell’11 marzo 1918 dal sindaco Prospero Colonna.
Le disposizioni del sindaco
Nella prima il sindaco protesta con il Comandante del IX Corpo d’Armata perché il telefono di casa era stato staccato insieme a tutti gli altri durante il periodo di allarme e il sindaco si era trovato «nell’impossibilità di ricevere notizie e di impartire quegli ordini che le circostanze rendessero di immediata necessità». La seconda lettera del sindaco è rivolta invece all’Assessore alla polizia urbana. Chiede di disporre che “appena sia dato il segnale di pericolo d’incursioni aeree, il Comandante delle Guardie municipali si trovi presso la Segreteria generale del Comune con una squadra di quattro o cinque ciclisti a disposizione delle autorità comunali”. Colonna chiede inoltre che, in caso di allarme, un’automobile vada a prendere il Segretario generale “affinché egli possa, con me e con qualcuno dei miei colleghi di Giunta, recarsi subito in Campidoglio”. Infine si sottolinea che “sarebbe necessario che potesse essere mantenuta in esercizio la posta telefonica del sindaco”. Invece la mattina dell’11 marzo 1918 il blocco delle comunicazioni era stato totale.
Oscuramento e primi rifugi
L’episodio spingerà ad un rafforzamento della protezione antiaerea, con un giro di vite sull’oscuramento: illuminazione dimezzata e stop ai tram dalle 21, con seguito di proteste per la «catastrofe» della vita notturna. Nelle settimane successive saranno predisposti dalla Polizia urbana i primi 26 «posti pubblici di rifugio per il pericolo di un’incursione aerea», segnalati all’esterno da «fanali rossi con cappello opaco». L’oscuramento totale della città sarà poi testato nella notte tra il 18 e il 19 marzo 1918. Un esperimento «perfettamente riuscito» e monitorato da «un dirigibile che ha eseguito veloci evoluzioni».
LORENZO GRASSI

13 Marzo 2018
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