In “Puoi baciare lo sposo” il matrimonio è tra uomini
ROMA «Siamo tutti bravi a fare i gay a Berlino», dice il protagonista ma provate a farlo a Civita di Bagnoreggio, un pugno di anime che non tollera neanche 15 profughi. La storia è questa. “Puoi baciare lo sposo” (da giovedì in sala), firmato da Alessandro Genovesi propone un matrimonio che s’ha da fare tra Salvatore Esposito che sa «quanta strada ho fatto da Gomorra che non rinnego, anche se sto cercando di fare scelte diverse proprio per non restare attaccato a una certa immagine», e Cristiano Caccamo.
E si farà, nonostante il padre Diego Abatantuono che all’inizio si rifiuta («sono il classico progressista che mai vorrebbe un figlio gay» ) e cambia idea solo grazie alla madre-Monica Guerritore («Il bello di questi personaggi è che sono tutti un po’ scorretti e che le donne, come sempre avviene, sanno meglio accogliere ciò che è nuovo perché amore chiama amore, maschio o femmina non fa differenza»).
Ma, si sa, «Il punto è che negli uomini c’è tanta ottusità recondita, dura a morire prosegue la Guerritore – e una commedia può ben raccontarlo perché se la commedia è ben fatta colpisce nel segno più di tanti film drammatici».
Nel film anche un Dino Abbrescia in vesti femminili, un Antonio Catania prete che pensa a Papa Francesco mentre invoca la tolleranza verso i matrimoni gay, una Beatrice Arnera versione biondo platino, una Diana Del Bufalo che sembra arrivata direttamente da Disney Channel, e persino una capretta parlante per un finale in musical.
SILVIA DI PAOLA
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