Napoleoni: Kim Jong-un non un folle ma un brillante millenial
INTERVISTA «Un giovane millenial brillante e globalizzato, con una visione chiara». Stiamo parlando di qualche nerd della Silicon Valley? In effetti no: ad essere definito così da Loretta Napoleoni, economista esperta di finanziamento del terrorismo internazionale, è il cattivo del momento, Kim Jong-un, despota di quello stato distopico che è la Corea del Nord. Ne parla nel suo libro “Kim Jong-un il nemico necessario-Corea del Nord 2018” (Rizzoli, pag. 264, 19,50 euro) che cerca di superare gli stereotipi sullo Stato Eremita per raccontarne cultura ed economia attraverso l’analisi incrociata di diverse fonti, soprattutto diplomatici stranieri.
Partiamo dal titolo: perchè avremmo bisogno del nemico Kim Jong-un?
Perché dall’89 in poi il trionfo della democrazia globalizzata non ha ottenuto gli effetti sperati: per esempio l’Iraq è un paese democratico ma devastato e non pacifico. Presentare la Corea del Nord come il paese del male con il suo folle despota è consolatorio.
Non è un po’ folle davvero?
Al contrario, è un giovane che ha vissuto e studiato in Svizzera catapultato ai vertici del potere in mezzo ad un covo di vipere. Ha rafforzato la propria posizione con sistemi tradizionali, le purghe, con le quali si è sbarazzato delle vecchie elites corrotte, ma insieme alla moglie cerca di dare un’immagine di leader moderno. Inoltre ha avviato una politica di tolleranza nei confronti dei mercati informali, piccoli scambi del surplus a livello dei piccoli produttori alimentari. E pur avendo relazioni strette con Cina e Russia, soprattutto sul piano economico, si è smarcato sul piano politico ed è riuscito ad imporre la Corea del Nord di fatto come una potenza nucleare. Prima lo accettiamo meglio è. Del resto anche un paese instabile come il Pakistan è una potenza nucleare, solo che è nostro alleato.
Non è più pericoloso?
Per Kim, come per il padre e il nonno, la bomba è soprattutto un deterrente.
Da questo punto di vista la partecipazione di Pyongyang alle Olimpiadi come va letta?
È un vero colpo di scena, addirittura partecipare con una squadra mista Nord-Sud: questo mostra le doti di grande statista di Kim. Ora che il mondo sa che hanno la bomba può cambiare tattica scegliendo un approccio soft. Dall’altra parte c’è l’interlocutore giusto, il presidente della Corea del Sud Moon, avvocato dei diritti umani.
Su questo punto Kim non è proprio un modello.
C’è un equivoco di fondo: la Corea del Nord non è tanto una dittatura comunista ma un paese neofeudale, bastato su un sistema di caste rigide, uscito dai traumi del colonialismo giapponese e dallo shock mai superato della guerra di Corea grazie ad un fortissimo nazionalismo, intriso di orgoglio etnico, che si fonda sul culto del fondatore e sulla filosofia della Juche, che esalta l’autarchia. Questo le ha permesso di resistere e sopravvivere. I diritti umani non fanno parte di questo orizzonte.
Nel suo libro sottolinea come il narcotraffico resti un’attività interessante per Kim.
Dipende dall’Occidente: è chiaro che le sanzioni spingono verso un’economia illegale. Non l’hanno ancora fatto, ma se volessero potrebbero prendere il controllo della produzione delle metanfetamine nel sud est asiatico. Degenerazione già vista: il mullah Omar era contro la droga, poi sono diventati narcotalebani. La cosa migliore è togliere le sanzioni che non hanno mai determinato un cambiamento di regime e forzare il paese ad aprirsi attraverso lo sviluppo economico.
Dobbiamo essere ottimisti?
Molto dipende da Trump, che è imprevedibile.
PAOLA RIZZI @paolarizzimanca
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