Emergenza sorrisi
7:00 am, 8 Novembre 17 calendario

Chirurgo e volontario Ecco perché lo faccio

Di: Redazione Metronews
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ROMA. A sentirlo al telefono si fa fatica a pensare che è tornato dal Benin da qualche ora e che ha già le valigie pronte per Tripoli. Fabio Massimo Abenavoli è un chirurgo plastico e raggiungerlo non è facile. Quando è a Roma, è sempre al tavolo operatorio. Quando è in Africa o in Afghanistan, il suo tempo lo dedica h 24 ai bambini. A  regalare loro nuovi sorrisi. Un dono che ha? «Saper fare ben il mio mestiere», ci racconta il dottore che dieci anni fa ha fondato Emergenza Sorrisi, un’organizzazione senza scopo di lucro «con l’intento di restituire il sorriso ai bambini affetti da gravi malformazioni del volto in diversi Paesi del mondo».
Dottor Abenavoli, prima medico o prima volontario?
Le due cose insieme. La mia è una famiglia di medici da generazioni. Una strada segnata dunque. Fin da subito, già da quando frequentavo la facoltà di Medicina, ho avuto l’impulso a voler dare il mio contributo a Paesi con minori risorse. Appena laureato, sono andato a lavorare in un ospedale missionario in Benin. Fino a 10 anni fa quando ho creato Emergenza Sorrisi…
Cosa vuol dire  curare?
È un impegno a 360 gradi. Che richiede, al di là delle competenze chirurgiche, notevoli capacità organizzative. Restituire la capacità di sorridere a un bambino, vuol dire avere grandi soddisfazioni…
È la gratificazione che la fa andare avanti?
Poter restituire la “normalità” ai bambini e alle loro famiglie: ecco il motore che mi spinge ogni giorno ad andare avanti, a sopportare l’assenza nella mia famiglia e l’impegno professionale.  
È sufficiente la gratificazione ad affrontare un impegno che sembra sovraumano?
Mi è capitato nella mia vita professionale di essere stato male in seguito alla insoddisfazione di un paziente per il lavoro che avevo svolto. Poi, un professore in Brasile mi disse una cosa che mi porterò avanti per la vita: «la vanità la devi eliminare». È il cuore il motore vincente di un medico volontario, la vanità deve essere sottomessa ad ogni altra cosa. Il lavoro del chirurgo non può ridursi a un’attività che fa compiacere  chi opera.
Lei è un chirurgo estetico: seno, rinoplastica, lifting… Come si fa a far convivere la chirurgia tradizionale con il volontariato?
In tre modi. Intanto, tutti gli interventi che faccio a Roma mi consentono di sviluppare l’attività di volontariato. Altrimenti non avrei di che vivere. Due, ho il dono di operare bene e sarebbe un peccato sprecare questa opportunità che mi dà da vivere bene. Tre, è la componente etica a guidarmi sempre. Se ci sono pazienti che non ritengo operabili perché effettivamente non hanno bisogno, io rifiuto l’intervento.
Lei ha una figlia di sei anni: cosa le porta a casa ogni giorno?
Valori. La fratellanza per esempio. Ed è mia figlia la prima che mi chiede di aiutare le persone bisognose di aiuto.

8 Novembre 2017
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