Ergastolo per l’aguzzino che torturava i migranti
GIUSTIZIA Omicidi, stupri e torture. Per la Corte d’Assise di Milano, i terribili racconti fatti in aula da 17 profughi somali, erano reali. E l’autore ora ha un nome e un cognome: Osman Matammud, il 23enne somalo arrestato a Milano il 26 settembre scorso, condannato martedì all’ergastolo. Matammud avrebbe torturato e violentato decine di persone nel campo di Bani Whalid, in Libia. I giudici hanno anche riconosciuto alle parti civili provvisionali da 50 a 100 mila euro alle vittime.
L’accusa di omicidio volontario per la morte di almeno 4 prigionieri è stata assorbita dal reato di sequestro di persona aggravato. Lui, l’aguzzino, prima del verdetto si è professato innocente, poi è rimasto impassibile alla lettura della sentenza, mentre il suo avvocato ha annunciato il ricorso in appello.
Le indagini erano partite dopo che Matammud era stato riconosciuto da alcuni migranti in via Sammartini. Tutte le vittime lo hanno descritto come il responsabile del campo dove i migranti venivano sequestrati e liberati solo dopo il pagamento di un riscatto da 7 mila dollari. «Dovevano farci pagare nel più breve tempo possibile, per questo ci usavano violenza, per spingere i nostri famigliari a pagare», ha detto un testimone. «Sono stato accoltellato a una mano, colpito con un sasso sulla testa e con un tubo», ha ricordato un altro. «Ho potuto vedere condannata la persona che ci ha fatto tutto questo, ringrazio l’Italia», ha aggiunto un altro migrante. METRO
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