economia
6:30 am, 15 Settembre 17 calendario

La fuga dei cervelli ci costa 14 miliardi

Di: Redazione Metronews
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ROMA L’economia italiana è in fase di «recupero, eppure la bassa occupazione giovanile è il vero tallone d’Achille del nostro  sistema economico» e con la fuga dei cervelli all’estero il Paese perde in capitale umano circa 14 miliardi  all’anno, pari a 1 punto percentuale di Pil, abbassando così il potenziale di sviluppo. A riferirlo è il Rapporto del Centro Studi di Confindustria sull’emergenza lavoro degli under 30 e l’impatto sull’economia del Paese.
Bassa occupazione fra gli under 30
Il Rapporto sottolinea come l’Italia abbia tassi di occupazione molto ridotti soprattutto tra gli under 30. Nel 2016 un sesto dei 15-24enni era occupato (16,6%) contro il 45,7% della Germania e il 31,2% dell’Eurozona. Tra i 25 ed i 29enni il tasso di occupazione italiano sale al 53,7% ma il divario con gli altri paesi si amplia da 14,6 punti percentuali a 17. La posizione dell’Italia comincia a migliorare nella fascia di età immediatamente successiva (30-34) con un tasso di occupazione al 66,3%, 10 punti sotto la media Eurozona.
Emigrati 509 mila italiani dal 2008
Secondo Confindustria, dal 2008 al 2015 hanno spostato  la residenza all’estero 509 mila italiani, di      questi, 260 mila avevano tra 15  e 39 anni, il 51% del totale degli emigrati. Considerando che la spesa familiare per la crescita e l’educazione di un figlio, dalla nascita ai 25 anni, può essere stimata attorno ai 165 mila euro, è come se l’Italia, con l’emigrazione dei giovani, in questi anni avesse perso 42,8 miliardi di euro di investimenti in capitale umano. Per il solo 2015, con un picco di oltre 51mila emigrati under 40 (dai 21mila del 2008), la perdita si aggira sugli 8,4 miliardi. Se a ciò si aggiunge la spesa sostenuta dallo Stato per la formazione di quei giovani che hanno lasciato il Paese: 5,6 miliardi se si considera la spesa media per studente dalle elementari all’università: 14 miliardi nel 2015.
Pil in recupero
La  buona notizia è che il Centro studi ha corretto  al rialzo il Pil nel biennio 2017-2018  rispetto alle proprie stime del giugno scorso. Per effetto di una ripresa globale che il paese ha in parte agganciato infatti, il Pil 2017 si va irrobustendo ed è previsto in aumento dell’1,5%, dall’1,3% stimato precedentemente dagli industriali, per segnare un +1,3% nel 2018 rispetto all’1,1%. A fine 2018 il Pil inoltre, stima ancora il Rapporto autunnale di Confindustria, «recupererà il terreno perduto con la seconda recessione, quella del 2011-2013 ma sarà ancora del 4,7% inferiore al massimo toccato nel 2008. I principali driver di crescita – spiegano gli esperti – sono l’export, gli investimenti, sostenuti dai provvedimenti del governo a favore dell’acquisto di beni strumentali, da migliori aspettative della domanda e buone condizioni finanziarie».
Padoan: «Ridurre il debito»
L’economia «sembra tornare alla normalità»: lo ha sottolineato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. «Il rischio più serio in questa fase è però pensare che il peggio sia passato e quindi meno o poco resti da fare», ha continuato Padoan.   Proprio per questo nel Def «che sarà discusso la prossima settimana», ci sarà un passo ulteriore in coerenza con la logica del sentiero stretto, significa che ci sarà un ulteriore miglioramento della discesa del debito».
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15 Settembre 2017
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