Andrea De Sica: «Un inferno senza sconti»
ROMA L’adolescenza come l’attraversamento di un inferno. Che magari è sprofondato nella neve, in un collegio sperduto in mezzo al nulla, tra ragazzotti danarosi e senza affetti, amicizie malate e amori impossibili. Andrea De Sica la racconta così nel suo sorprendente film d’esordio “I figli della notte”, da domani in sala.
Da dove è partito e dove voleva arrivare?
Volevo raccontare l’adolescenza senza giudicare e l’amicizia, che è alla base di ogni adolescenza, con sincerità.
Con suggestioni autobiografiche?
Non ho vissuto l’esperienza del collegio ma ho avuto molti amici che l’hanno fatto e mi incuriosiva perché sembra una cosa antica e invece la vivevano miei coetanei che spesso avevano atteggiamenti disturbati, ragazzi di buona famiglia che convivevano con cose estreme.
Un esordio coraggioso che attraversa i generi…
Proprio perché mi chiamo De Sica sapevo che dovevo fare il mio film, non copiare da qualcuno, non somigliare a qualcun’altro. Spero di aver messo subito in chiaro che non voglio restare incasellato. Lo stile è molto connesso al contenuto: deve raccontare la claustrofobia del luogo ma anche la tensione, la febbre, l’inquietudine. Quindi la macchina da presa doveva avere un’andatura geometrica e rigorosa di giorno per poi liberarsi e sfrenarsi la notte.
I suoi protagonisti sono rampolli dell’alta borghesia, la futura classe dirigente.Perché ha voluto mostrarla priva di morale?
Direi che il film vuole affrontare radicalmente questo tema. Da questo punto di vista è un film politico perché quella che abbiamo di fronte è davvero la prossima classe dirigente e io non volevo fare sconti.
E la musica?
Doveva farla mio padre Manuel che poi è venuto a mancare. A quel punto non volevo che la facesse nessun altro e l’ho costruita da solo.
SILVIA DI PAOLA
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