Giovani
9:00 am, 6 Aprile 17 calendario

Così la nostra idea andrà sulla Luna

Di: Redazione Metronews
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ROMA. Quanti bambini alla domanda “cosa vuoi fare da grande?” rispondono: l’astronauta? Tanti. E anche Mattia. La differenza è che per lui non è un sogno, ma un progetto di vita.
A 16 anni, Mattia Barbarossa ha ideato, e realizzato con i suoi compagni di viaggio Dario Pisanti e Altea Nemolato, “Radio-Shield”, un contenitore grande quanto una lattina che, inviato sulla Luna, può risolvere il problema delle radiazioni spaziali presenti nello spazio e che sono pericolosissime per gli organismi viventi. E i tre ragazzi (16, 22 e 18 anni) con il loro progetto hanno vinto il contest internazionale lanciato dalla azienda aerospaziale indiana Team Indus. Il video della premiazione di Lab2Moon è bellissimo da guardare, soprattutto per il sincero e contagioso stupore dei tre ragazzi quando viene pronunciato il nome del loro progetto.
A fine 2017 la Indus porterà Radio-Shield – scelto tra oltre 3mila in concorso – sulla Luna. I tre, tutti campani, sono rientrati da pochi giorni in Italia.
Raggiungiamo Mattia al telefono, ed è ancora incredulo.
Avete tre età differenti… tu e Altea alle superiori, Dario neo laureato alla triennale di ingegneria aerospaziale (chiaramente 110 e lode). Cos’è che vi ha unito?
La passione per la ricerca e lo spazio. Ci siamo conosciuti durante il Nasa Spaceapp challenge a Napoli, dove ha vinto proprio il team di Dario, e poi siamo rimasti in contatto. Leggendo studi sull’utilizzo dei cianobatteri per produrre ossigeno ed altri che indicavano una loro capacità di assorbire gli UV, ho pensato che potessero essere utilizzati anche per la protezione dalle radiazioni spaziali.
Lo racconti come fosse una cosa normale che a 16 anni si leggano articoli si cianobatteri.
(ride) Beh ho una grande passione per lo spazio. Ho avuto io l’idea e l’ho condivisa subito con Dario. Abbiamo fatto nottate online per parlarne e progettarla. Quindi abbiamo coinvolto Altea, che avevamo conosciuto. Per mesi il nostro team si è sentito la sera, via Skype, parlando di spazio, ricerca, radiazioni, studiando, approfondendo. È stato bellissimo.
Come funziona Radio-Shield?
Studi non confermati indicavano la possibilità che questi microorganismi potessero schermare dalle radiazioni, in più è noto che riescano ad assorbire gli UV, il tutto con un peso simile all’acqua! Allora perché non utilizzarli come uno scudo più semplice, economico e semplice da produrre e addirittura producibile in loco?
Sembra così semplice…
L’ idea è concettualmente semplice, noi abbiamo realizzato un esperimento per testare l’idea e sarà lanciato a bordo del lander del Team Indus su un razzo dell’Indian Space Research Organizzation.
Avete fatto tutto da soli?
Ci hanno aiutato alcuni professori dell’università di Napoli ma devo dire che per il resto non abbiamo avuto grandi riconoscimenti “in casa”. Ad esempio il team inglese era sostenuto dalla Bbc, per dire. La Rai non ha fatto nemmeno una notizia. Neanche testate nazionali…
E le istituzioni?
Niente. Neanche un retweet.
Ora che bolle in pentola?
Io, Dario e un ragazzo chiamato Francesco Renzulli stiamo progettando un vettore orbitale in grado di essere quasi totalmente recuperabile, con un costo ridotto e un piccolo sito di lancio in Italia per abbattere i costi dell’accesso allo spazio. Stiamo lavorando su un sistema di propulsione che speriamo possa cambiare le cose non solo per la missilistica ma anche per l’aviazione. Se ci riuscissimo avremmo un abbattimento nei costi della ricerca, e divenire i più giovani al mondo a far ciò, dare all’Italia un nuovo vettore per accedere allo spazio e far sì che il nostro sogno, raggiungere lo spazio, possa essere realizzato da tutti.
E chi saranno gli investitori?
Ecco la nota dolente, non appena avremo realizzato una buona e strutturata proposta di progetto li cercheremo, presumibilmente sarà questione di qualche mese…
Di quanto avete bisogno?
Circa 100 mila euro che, rispetto ai milioni del più piccolo programma di razzi vettori non è molto, è proprio così che speriamo di dimostrare di poter realizzare un programma di vettori in grado di mandare in suborbita e in futuro in orbita piccoli carichi scientifici recuperando gran parte del vettore con costi ridottissimi…
E da grande cosa vuoi fare?
La mia ambizione è andare nello spazio, divenire il primo italiano a spingersi oltre l’orbita terrestre e spero che con i progetti che stiamo realizzando sia più facile, sicuro ed economico andarci e spingersi oltre le nostre attuali frontiere dell’esplorazione.
Stefania Divertito
 

6 Aprile 2017
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