Vi racconto la storia di Iréne Frachon
ROMA «Il mondo è un posto pericoloso in cui vivere, non tanto a causa di coloro che compiono azioni malvagie, ma a causa di coloro che stanno a guardare senza fare niente». Lo ripete, citando Einstein, Iréne Frachon, pneumologa che in Francia, nell’ospedale di Brest dove lavora, cerca e scopre un legame diretto tra una serie di morti sospette e l’assunzione del Mediator, un farmaco in commercio da oltre 30 anni.
Da qui inizia la sua battaglia. Sola all’inizio, poi appoggiata dai media, poi di nuovo isolata e, alla fine, ringraziata da tanti perché la storia di questa nuova Erin Brockovich è vera, verissima, e riguarda tutti noi.
La interpreta Sidse Babett Knudsen affiancata da Benoît Magimel e la racconta in “150 milligrammi” (da oggi nei cinema) Emmanuelle Bercot che dirige il film ma che è anche una pluripremiata attrice.
Come è arrivata a questa storia e a questa donna?
Della storia avevo sentito parlare ma non mi interessava granché. Poi quando ho conosciuto Iréne Frachon l’ho trovata straordinaria.
Perché?
È una donna normalissima che diventa una combattente e ho capito che una donna inesauribile con la sua parlantina, la sua gioia di vivere in ogni circostanza, la sua energia, andava raccontata.
Che sapeva dell’ambiente medico?
Lo conosco bene e penso che sia stato uno dei motivi per cui Iréne Frachon ha avuto voglia di affidarmi la sua storia. Mio padre era cardiochirurgo e io stessa volevo fare il chirurgo. Quindi so bene di cosa parlo e so che questo ha a che vedere con la vita di tutti.
Ha mai pensato di poter interpretare lei stessa Iréne Frachon?
No. L’idea non mi ha nemmeno sfiorata. In ogni caso, ho deciso di non recitare più nei film che dirigo.
SILVIA DI PAOLA
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