Roma
10:04 pm, 1 Febbraio 17 calendario

Odevaine: «Pagato per i miei contatti»

Di: Redazione Metronews
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ROMA «Non mi pento di aver collaborato con la giustizia. Ho fatto un’analisi e ho capito di aver sbagliato». Tirato a lucido, in completo carta da zucchero, Luca Odevaine è arrivato intorno alle 9 di ieri mattina all’aula bunker di Rebibbia. L’ex braccio destro dell’ex sindaco Walter Veltroni è uno dei principali protagonisti del processo Mafia Capitale, in cui è accusato di corruzione, e per aver collaborato sin dall’inizio viene ritenuto dagli inquirenti uno dei pochi imputati attendibili.
«Da Salvatore Buzzi ho percepito cinquemila euro al mese, dalla fine del 2011 al novembre del 2014». Lo ha ammesso subito Odevaine rispondendo al pm Luca Tescaroli, anche se non le chiama mai tangenti, ma “remunerazioni” per la sua rete relazionale. «Io svolgevo un lavoro di consulenza per Buzzi col Viminale e le prefetture, e con quel mondo con cui difficilmente le coop che gestiscono servizi per i migranti riescono a parlare. Ma non lo facevo all’interno del tavolo – ha precisato Odevaine, alludendo al tavolo di cordinamento ministeriale sui migranti di cui faceva parte – Io segnalavo le strutture al Viminale su richiesta del ministero stesso. Arrivava una nave con 1500 immigrati e dal dicastero mi chiedevano dove c’era disponibilità».
In tutto sono circa 150 mila euro i soldi avuti dall’ex presidente della 29 giugno, a cui vanno aggiunti gli oltre 260mila euro, ricevuti dalle coop del gruppo La Cascina, per i quali, nel filone dell’indagine che riguarda il Cara di Mineo, ha patteggiato la pena di due anni e 8 mesi di reclusione, oltre al pagamento di 250 mila euro.  
Nel corso del suo esame più volte Odevaine ha elencato la lunga rete relazionale su cui poteva fare affidamento. Una sfilza infinita di questori, politici e prefetti tra cui l’ex ministro Giovanna Melandri, Nicola Zingaretti, che nel 2008 lo aveva messo a capo della polizia provinciale, il sottosegretario all’agricoltura Giuseppe Castiglione, coinvolto come lui nell’inchiesta sul Cara di Mineo, il capo della Polizia Franco Gabrielli: «L’ho conosciuto quando era a capo della digos di Roma» ha raccontato. O il prefetto Mario Morcone, «con cui dopo le dimissioni di Walter Veltroni rimasi vicecapo gabinetto mentre lui era commissario», ruolo in cui venne confermato nel 2008 anche dall’ex sindaco Gianni Alemanno: «Mi chiese di restare e io per motivi di cortesia istituzionale accettai, ma solo tre mesi».
Di quei giorni Odevaine ha ricordato gli incontri con Antonio Lucarelli, Riccardo Mancini e Vincenzo Piso, i quali «mi chiedevano informazioni sugli appalti delle coop in scadenza, volevano sostituirle con coop di centrodestra». Odevaine si è poi soffermato sul presunto accordo fra l’ex sindaco Alemanno e il capogruppo di minoranza Umberto Marroni, attuale parlamentare Pd, con cui «ciascun consigliere comunale avrebbe avuto a disposizione 400 mila euro dal bilancio per gli eventi culturali. Era una prassi politica per mediare le diverse posizioni, ma in questo caso fu istituzionalizzata».
Secondo Odevaine, proprio negli anni della destra in Campidoglio avrebbe avuto inizio il punto di non ritorno per la politica romana sfociato poi nell’inchiesta Mafia Capitale. «Roma è una città fatta di relazioni più di altri posti – ha poi commentato Odevaine in un momento di pausa – che poi queste relazioni costituiscano un impianto mafioso ho i miei dubbi. È vero però che ad un certo punto della storia di Roma, dopo l’arrivo di Alemanno, c’è stato un accordo di tipo corruttivo».
MARCO CARTA
(Foto Eidon)

1 Febbraio 2017
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