Mel Gibson porta sul set Doss, il primo obiettore
ROMA Aveva già impugnato una pistola nella sua vita. Da giovanissimo contro il padre per difendere la madre e aveva deciso che non lo avrebbe fatto mai più. Ma voleva combattere per il suo paese ad ogni costo. Si arruolò e subì di tutto dai compagni che non lo capivano. Almeno sino al momento in cui si trattò di combattere davvero: lì, ad Hacksaw Ridge, nella primavera del 1945, quando la guerra era alla fine e l’esercito americano a Okinawa affrontava i combattimenti più feroci di sempre. Salvò decine di vite umane restando sul campo come medico anche dopo l’ordine di ritirata. Da solo. E fu il vero eroe di quella battaglia.
Si chiamava Desmond T. Doss e fu di fatto il primo obiettore di coscienza nella storia americana, ma mai volle far raccontare la sua storia, se non a un passo dalla morte, a 87 anni.
Allora, il produttore Bill Mechanic l’ha proposta a Mel Gibson che nei suoi film ha sempre parlato di fede, guerra, violenza.
E Gibson (che firma questo “La battaglia di Hacksaw Ridge“ dal 2 febbraio nei cinema) si è subito chiesto: «Chi è così folle da andare dentro il terrore ad Okinawa senza essere armato? E chi è quel Desmond che voleva essere chiamato cooperatore di coscienza, che andò in guerra non per togliere la vita ma per salvare vite?».
Se l’è chiesto e si è risposto che era uno di quegli eroi che non esistono più: «Viviamo ormai in un mondo di supereroi con la tutina e non sappiamo più che cosa significa il vero eroismo. Il mio film è dedicato a un uomo qualunque che ha fatto cose straordinarie in una situazione straordinaria, facendo la sua lotta nel mezzo dell’inferno sulla terra, andando in guerra armato solo della sua fede, un uomo che è diventato una leggenda».
SILVIA DI PAOLA
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