L’ex assessore Morgante: per me le regole erano regole
ROMA «C’era un certo malcontento nei miei confronti, perché per me le regole erano regole. Ma non ho mai ricevuto pressioni per favorire le coop di Salvatore Buzzi». A parlare è il magistrato della Corte dei Conti ed ex assessore al Bilancio al Comune di Roma, Daniela Morgante, protagonista dell’udienza di giovedì del processo Mafia Capitale, dove ha ricostruito, citata in aula come testimone dai legali di Mirko Coratti, la sua esperienza in Campidoglio. «Quando sono arrivata nel 2013 la situazione dei conti era preoccupante. Su un bilancio di 6 miliardi mancava un sesto delle risorse», ha detto la Morgante, ricordando come le richieste o le segnalazioni dei consiglieri e degli altri assessori fossero una prassi comune, ma non le pressioni. Neanche da parte dell’ex assessore alla casa Daniele Ozzimo, che oltre a definirla “incementata” per la sua rigidità sui conti, in un’intercettazione agli atti, letta in aula dal pm Luca Tescaroli, così si lamentava: «Questa è un po’ scema. A me non è che piace tanto, tanto è vero che io all’orecchio gli ho detto al sindaco…».
Sfilata di ex consiglieri
«È vero, il mio approccio era “incementato” – ha replicato la Morgante – se ci sono i soldi si può fare, altrimenti non si può fare. Ozzimo (condannato in un altro filone dell’inchiesta, ndr) si sarà lamentato con parole pesanti in un’altra sede, ma con me era cordiale. Anche in giunta chiedeva e insisteva, ma mai aggredendo. Altri assessori erano più diretti, penso a Guido Improta con cui c’erano stati dei contrasti più diretti». La sua testimonianza non è stata l’unica nella giornata di giovedì, che ha visto la presenza nell’aula bunker di Rebibbia, sempre in veste di testimoni, anche degli ex consiglieri comunali Gemma Azuni, Cosimo Dinoi e Antonio Stampete, i quali, anche loro, hanno smentito di aver mai subito pressioni da parte di Coratti e altri, per l’approvazione di atti che rientravano nell’interesse del sodalizio. Al contrario, invece, Maria Letizia Santarelli, nel 2013 funzionaria della ragioneria capitolina, pur non avendo mai subito minacce dirette, non ha potuto nascondere i contrasti sorti nel 2013 con le coop di Salvatore Buzzi su alcune determinazioni di pagamento relative al campo rom di Castel Romano.
Pronti a intervenire “pesantemente”
Secondo la ricostruzione della Procura, dopo l’ennesima bocciatura di una determinazione dirigenziale da parte della Santarelli, in un caso, per sbloccare l’iter burocratico, Salvatore Buzzi si sarebbe rivolto a Massimo Carminati, «fai intervenire con la forza chi deve intervenire», il quale a sua volta, parlando al telefono con Fabrizio Franco Testa, avrebbe richiesto l’intervento di Luca Gramazio: «Digli di intervenire al piano di sopra, perché hai capito… sennò tocca intervenire pesantemente, pesantemente, pesantemente». Alla richiesta di Carminati, Fabrizio Franco Testa rispondeva senza esitazioni, «chiamo immediatamente, chiamo immediatamente» e l’accordo, siamo nel giugno del 2013, arriverà poco dopo. A fronte di 89mila euro quale canone mensile per l’affitto del campo rom, le coop, proprietarie dell’area e delle strutture, si sarebbero impegnate a garantire la manutenzione ordinaria e le eventuali bonifiche, che nel precedente accordo, bocciato dalla Santarelli, erano invece a carico dell’amministrazione capitolina.
MARCO CARTA
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