Uranio, la Cassazione è rivoluzionaria
Roma, 28 novembre 2016 – È rivoluzionaria la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione a sezioni unite: riferendosi a un militare colpito da malattia (purtroppo letale) da uranio impoverito (sostanza notoriamente cancerogena), c’è scritto nero su bianco che dovrebbe far parte della categoria “vittima del dovere”. Inoltre reputa il comitato di verifica dei militari un organo non imparziale e quindi i ricorsi contro le tante bocciature del comitato di verifica spettano non al Tar ma al giudice del lavoro.
Può sembrare una precisazione di carattere amministrativo ma invece è la differenza che passa tra ottenere e non ottenere giustizia. Perché il comitato di verifica è formato da militari e risponde alla Difesa. Mentre oggi i giudici affermano che è un organo terzo a dover deliberare.
La vicenda vede protagonista un militare ventisettenne che, in seguito a missioni in Somalia e Bosnia nel 2000, è deceduto a causa di un tumore. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto la richiesta di risarcimento degli eredi. Ma, come accade in quasi tutte le sentenze a favore dei militari, il ministero della Difesa l’ha contestata. Ora ha perso in Cassazione.
Insomma: il militare era venuto a contatto più volte con uranio impoverito ritenuto la causa dell’insorgere della patologia e della relativa morte. Senza più necessità di dimostrare il nesso causale tra uranio e malattia. Secondo Dario Ferrara di Cassazione.net, ora «l’area dei destinatari non si ferma al pubblico impiego ma ingloba i militari di leva e potrebbe estendersi «a forme regolate di volontariato» (ad esempio ong?) perché le provvidenze sono rivolte a «coloro che abbiano subito un’infermità dipendenti da causa di servizio».
STEFANIA DIVERTITO
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