MAFIA CAPITALE
9:52 pm, 2 Novembre 16 calendario

Mafia Capitale, gli aiuti chiesti a Buzzi dall’ex consigliere

Di: Redazione Metronews
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ROMA Semplici segnalazioni a Buzzi per un lavoro, senza chiedere nulla in cambio. «Disperati che nemmeno sono stati assunti». C’era grande attesa ieri nell’aula bunker di Rebibbia per la testimonianza di Fabrizio Panecaldo, che per due volte aveva disertato il processo Mafia Capitale. La prima volta, l’ex consigliere capitolino Pd era stato fermato da un’influenza. La seconda volta, invece, la sua assenza non era stata giustificata in alcun modo, tanto che la presidente dell’aula aveva chiesto per lui l’accompagnamento coattivo. Chiamato per la terza volta dai legali di Giordano Tredicine, invece, ieri, Panecaldo ha risposto presente, e dopo essersi scusato con il tribunale, si è sottoposto alle domande dei giudici e dei legali, ricostruendo il suo ruolo nell’assemblea capitolina, in cui venne eletto per la prima volta nel 1997, ma soprattutto i suoi rapporti con Salvatore Buzzi, l’ex presidente della 29 Giugno. “Lo conoscevo da parecchi anni, anche se non mi occupavo di sociale, ma di urbanistica e mobilità”.
A differenza di molti altri, Panecaldo non ha avuto paura a ricordare il prestigio di cui godeva la coop di Buzzi nella sinistra romana. “La 29 giugno rappresentava un fiore all’occhiello di cui vantarsi”, ha detto, e in alcuni casi, si sarebbe rivolto al suo presidente per segnalargli persone in cerca di un lavoro. Il numero preciso Panecaldo non lo ha ricordato, ma, dall’unico caso ammesso inizialmente, “una persona di 57 anni con 3 figli”, l’ex consigliere è stato costretto ad ammetterne altre 3, di cui vi era traccia negli atti. “Erano persone senza futuro. Se qualcuno mi chiede una mano, non riesco a volgere lo sguardo altrove”. In particolare, in un sms agli atti, datato 19 giugno 2013, c’è Panecaldo che invia il nome di una persona, C.A., e il suo numero di telefono a Buzzi. Incalzato dalle domande di Piergerardo Santoro, legale di Buzzi, Panecaldo ha ricordato la genesi di quella richiesta, che inizialmente aveva dimenticato. “Aveva 60 anni e rimase senza lavoro. Mi faceva pena, mi chiedeva tutti i giorni aiuto, io non lo conoscevo nemmeno. lo conosceva mia moglie. Era una persona disperata, viveva a casa con la mamma. Mi chiese un aiuto, ma non ricordo di averlo chiesto a Buzzi. Penso di averlo chiesto a tutto il mondo. Mi mandava tutti i giorni i messaggi: non mi dai una mano, non mi dai una mano. Ad un certo punto lo bannai”. Un’altra segnalazione sarebbe arrivata qualche mese dopo, alle 19 e 24 del 21 ottobre 2013 quando, secondo gli inquirenti, “Fabrizio Panecaldo chiama Salvatore Buzzi e gli chiede se può aiutare un conoscente per un posto di lavoro”. Due minuti dopo, dall’utenza intestata all’ex consigliere arrivano anche le caratteristiche dell’aspirante lavoratore. “Ha la patente C e BK. Grazie, panecaldo”.  Il suo nome è U. P., anche se Panecaldo ieri in aula non ha saputo nemmeno descriverlo. “Non ricordo fisicamente chi fosse, io cercavo di dare una mano alle persone di 50 e 60 anni. Immagino avesse una famiglia da mantenere”.
Insieme a Panecaldo, sempre ieri, hanno testimoniato anche Orlando Corsetti, attuale consigliere Pd, e l’ex consigliere di centrodestra Dario Rossin. Mentre nel primo pomeriggio ha preso la parola per gridare la sua innocenza, uno degli imputati eccellenti del processo, l’ex presidente dell’assemblea capitolina, Mirko Coratti. Per la procura avrebbe favorito le coop di Buzzi, costruendo il consenso politico e istituzionale per il riconoscimento del debito fuori bilancio del 30 ottobre 2014 con cui venivano stanziati 11 milioni di euro per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Ma Coratti, che ha parlato per la prima volta dall’inizio del processo, ha respinto al mittente tutte le accuse. “Sono innocente, ho fatto solo il mio dovere. Non ho mai cercato consenso politico per il voto su un debito fuori bilancio, la cui approvazione è un atto dovuto per un membro della maggioranza, dato che c’è il parere favorevole della giunta e degli uffici. Se si vota contro si rischia la crisi politica. Noi quel giorno ne votammo 54 di debiti fuori bilancio. I debiti fuori bilancio – ha aggiunto Coratti – sono proseguiti anche dopo le mie dimissioni. Sia con Marino (circa 20 milioni di euro ndr) che con il prefetto Tronca (altri 70 milioni). Leggo che anche la Raggi dovrà approvare 250 milioni di debiti fuori bilancio”.
MARCO CARTA

2 Novembre 2016
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