'ndrangheta
7:59 pm, 25 Ottobre 16 calendario

Dda: la ’ndrangheta era dentro Expo 2015

Di: Redazione Metronews
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MILANO Maxi operazione della Guardia di Finanza in Calabria, Emilia Romagna e Lombardia con il sequestro di beni mobili, immobili e societari per circa 15 milioni, riconducibili ad alcuni imprenditori del Nord Italia, ritenuti contigui alle cosche di ’ndrangheta Aquino-Coluccio e Piromalli-Bellocco. I provvedimenti sono stati emessi dalla procura di Reggio Calabria. L’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia reggina, è nata dalle indagini su un’organizzazione criminale calabrese che controllava attività economiche intestate a prestanome, capace di aggiudicarsi – anche con il ricorso a metodi mafiosi – appalti e subappalti per la realizzazione di opere importanti, tra cui alcuni padiglioni di Expo 2015.
A caccia di appalti e subappalti
I reati ipotizzati sono associazione di tipo mafioso, riciclaggio, estorsione, induzione alla prostituzione, detenzione illecita di armi da fuoco, con l’aggravante del metodo mafioso. Tra le opere realizzate, attraverso anonime società del Nord Italia, figurerebbero i padiglioni di Cina ed Ecuador, opere di urbanizzazione e di infrastrutture di base di Expo 2015, il subappalto per la società Ferrovie del Nord, dell’ipermercato di Arese e del consorzio di Bereguardo in provincia di Pavia. Sul versante internazionale dell’indagine, invece, sono stati monitorati i lavori per la realizzazione di un complesso turistico-sportivo ad Arges Pitesti (Romania) e del resort Molivisu, per un valore complessivo di 80 milioni di euro di cui 27 a carico dell’Unione Europea, nonchè di un immobile in Marocco.
Gratteri: la criminalità cerca anche il prestigio
«Quando ero procuratore aggiunto a Reggio Calabria avevo detto che la ’ndrangheta sarebbe arrivata ad Expo 2015 perché per loro è un fatto di prestigio essere presenti in queste grandi opere, non è solo guadagno». Così Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, che spiega: «La ’ndrangheta lavora “sotto soglia”, sotto i 600 mila euro e quindi dove il controllo non c’è o è blando». «Tra operai sottopagati e illecito smaltimento di rifiuti, le associazioni criminali riescono ad avere prezzi concorrenziali – conclude Gratteri – quindi gli imprenditori del Nord abbracciano queste imprese mafiose che offrono servizi a basso costo».
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25 Ottobre 2016
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