Diritto all’oblio? Una chimera
L’oblio su internet? È possibile, senza tante trafile, rimuovere contenuti che ci riguardano? No, assolutamente, no. Sia chiaro. Nessuna stretta alla piazza, libera, liberissima, di internet. Due o più persone sono liberi, ripeto, liberi di scambiarsi ciò che vogliono. Controllare questo scambio è una perdita di tempo. Al contrario, la stretta, va fatta alla fine, nell’ultimo tratto, quando i contenuti entrano nelle piattaforme, nei motori ricerca e diventano di dominio pubblico. E’ qui che la persona non ha poteri e solo false tutele. Per me la regola dovrebbe essere questa: se digito il mio nome su un motore di ricerca devo decidere io quello che compare su di me. Prima di tutto perché sono informazioni che mi riguardano, spiattellate senza regola e senza filtro su una piattaforma che, aspetto non secondario, guadagna soldi ogni click, mentre io non intasco nulla. Quindi, ancora di più devo decidere io quello che mi riguarda. Oggi se chiedi ad un motore di ricerca la rimozione di un contenuto dannoso che ti riguarda stai pur certo che non succede nulla: il motore di ricerca ti dice che c’è il diritto di cronaca, soprattutto se sei una persona pubblica. Diritto di cronaca uno che nel suo blog ti insulta, ad esempio sul versante professionale? Non ti va bene la risposta? Rivolgiti all’Autorità della privacy. Se ti va male anche lì, perché va male pure lì, rivolgiti al giudice civile. Leggetevi la sentenza che non fermò il video di Tiziana Cantone. E il tutto, avviene, nel mare di scartoffie, moduli da compilare, soldi, tempo che gira. E così il contenuto su internet va , corre, senza regola, senza fermo. Ma dico: dopo che tu motore di ricerca, in qualche modo, ti appropri indebitamente di contenuti che mi riguardano io devo fare il diavolo a quattro per tutelare la mia reputazione? C’è qualcosa che non quadra, c’è una certa disparità di trattamento. Vogliamo iniziare da qui a mettere rimedio?
MAURIZIO GUANDALINI
economista e giornalista
© RIPRODUZIONE RISERVATA