Terremoto Centro Italia
5:10 pm, 25 Agosto 16 calendario

Interventi antisismici “Servono 93 miliardi”

Di: Redazione Metronews
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SISMA Sono circa cento i terremoti all’anno in Italia che la popolazione è in grado di percepire. Ma quelli veramente distruttivi, cioè che hanno determinato gravi danni a persone e cose, negli ultimi 150 anni sono stati, in media, uno ogni 5 anni. Per quanto riguarda la messa in sicurezza del nostro patrimonio immobiliare, sono ben 12 milioni gli immobili che dovrebbero essere destinatari di opere di risanamento e messa in sicurezza statica. Con un coinvolgimento di una popolazione pari a circa 23 milioni di cittadini. E con un costo complessivo di circa 93 miliardi di euro, calcolato applicando i parametri medi dei capitolati tecnici per interventi antisismici. A dirlo è uno studio sul rischio sismico in Italia, elaborata dal  Consiglio nazionale degli Ingegneri (Cni). Per quanto riguarda il rischio sismico, la classificazione territoriale per grado di pericolo evidenzia come oltre 21,5 milioni di persone abitino in aree del paese esposte a rischio simico molto o abbastanza elevato (classificate, rispettivamente, 1 e 2), con una quota pari quasi a 3 milioni nella sola zona 1 di massima esposizione (cioè la zona in cui si trovano Amatrice e Accumoli). Altri 19 milioni risiedono, invece, nei comuni classificati in zona 3; zona che non può dirsi sicura, visto che molti comuni emiliani recentemente colpiti dal sisma del maggio 2012 appartenevano proprio a questa fascia di rischio sismico.
Il quadro a livello regionale si presenta particolarmente differenziato. Con regioni come la Calabria, notoriamente ad alto rischio, dove la maggioranza della popolazione risiede in zona 1 (circa 1,2 milioni di persone) e la restante parte in zona 2 (750 mila). O come la Basilicata, con 220 mila persone in zona 1 e 276 mila in zona 2. O ancora, la Sicilia che vede ben 4,5 milioni di cittadini in zona 2 e altri 350 mila in zona 1. I costi per la messa in sicurezza del patrimonio abitativo dai terremoti dipendono dal livello di copertura del rischio che si ritiene accettabile.
Sulla base di questa assunzione, prendendo a riferimento tutto il patrimonio abitativo del paese e utilizzando come parametro di intensità sismica l’impatto del terremoto de L’Aquila (che rappresenta, nella scala di intensità storicamente registrata in Italia, un evento distruttivo medio) il Centro Studi del Cni ha ipotizzato una possibile distribuzione degli interventi di recupero in funzione della distribuzione per età degli edifici e delle loro condizioni strutturali. La quota di immobili da recuperare, sulla base dell’esame dei danni registrati alle abitazioni de L’Aquila e delle condizioni del patrimonio abitativo raccolte dalle indagini censuarie, è pari a circa il 40% delle abitazioni del Paese, indipendentemente dal livello di rischio sismico. Con una quota di interventi di recupero decrescente al diminuire dell’età dei fabbricati, sino a considerare quelli costruiti dopo il 2001 e soprattutto quelli edificati dopo il 2008 senza necessità di alcun intervento.
ADNKRONOS

25 Agosto 2016
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