Terremoto Centro Italia
3:36 pm, 25 Agosto 16 calendario

Gli Appennini si muovono e il Centro Italia resta a rischio

Di: Redazione Metronews
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RIETI Romano Camassi sta guidando sulla strada da Accumoli ad Amatrice quando lo raggiungiamo al telefono. Per parlarci il sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia lascia la guida a un collega: formano una delle squadre che fin da mercoledì esplora l’area sconvolta dal terremoto in Italia Centrale. La linea telefonica va e viene, e si capisce che la macchina sulla strada deve ripetutamente affrontare degli ostacoli. In queste condizioni ci rivela quanto la situazione sismica dell’Italia sia pericolosa, ma ci spiega anche come negli ultimi tempi non ci sia stato un peggioramento.
Dottor Camassi, quale è il vostro compito sul territorio?
Da subito si sono impegnate tre squadre dell’Istituto, per procedere ai rilievi dei danneggiamenti. Servono sopralluoghi approfonditi per classificare l’intensità sismica su ogni sito. Queste operazioni hanno una doppia funzione. Servono per motivi di studio, per ampliare la comprensione della realtà e degli effetti dei terremoti. Inoltre va a supporto degli interventi della Protezione Civile identificando lo stato del territorio. Noi poi essendo liberi dall’impegno del soccorso possiamo agire anche nelle aree esterne alle zone dove si sono concentrati i danni per l’uomo, e in questo modo forniamo dati indispensabili per poter gestire il lavoro dei prossimi giorni.
Questi rilievi possono aiutare anche a capire i rischi di nuove scosse?
Purtroppo assolutamente no. Nulla ci può dire cosa può avvenire nei prossimi giorni. Si può immaginare qualcosa sulla base dei dati statistici e dei modelli costruiti sui terremoti che ci sono stati in passato, però abbiamo visto che le sequenze sono molto irregolari e variabili e se la tendenza generale e alla diminuzione di potenza delle scosse non si può escludere che invece ci siano dei picchi ulteriori.
Cosa sta avvenendo in Italia?
Il modello complessivo ci dice che l’Italia è un territorio in movimento, che è poi un movimento differenziato. Parliamo comunque di un processo su centinaia di migliaia di anni, di per sé impercettibile. C’è una tendenza al sollevamento degli Appennini e soprattutto alla loro estensione, specie un processo di allargamento dell’Appennino centrale. E c’è anche un fenomeno di spostamento verso nord est della nostra dorsale montuosa. In senso più ampio il tutto si inserisce nel processo globale in corso nel Mediterraneo per il quale – semplificando oltre il dovuto – la placca tettonica africana spinge verso l’Europa. Tutto questo però ha tempi e dimensioni che vanno ben oltre noi. Il punto è che questi movimenti creano deformazioni delle rocce in profondità, le quali si possono spaccare generando i terremoti.
Ma negli ultimi anni – nei quali abbiamo visto susseguirsi diversi terremoti – la situazione degli Appennini sta peggiorando?
In realtà non c’è per niente un’accelerazione di questo processo ma anzi paradossalmente possiamo dire che da diversi decenni registriamo un periodo di relativa quiete sismica. Le serie storiche ci dicono che in media arriva un terremoto di grado 7 o superiore ogni 15 anni, mentre l’ultimo di quel tipo lo abbiamo avuto in Irpinia più di trent’anni fa. Però bisogna dire che per i motivi esposti l’area dell’Appennino centrale è tra le più pericolose d’Italia non per le scosse più forti in assoluto ma per la relativa frequenza di scosse comunque consistenti. Tra l’altro questo è ben chiaro dalle mappe di pericolosità che tutti dovrebbero tenere in camera sopra il letto.
OSVALDO BALDACCI

25 Agosto 2016
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