Turchia/Post golpe
4:34 pm, 1 Agosto 16 calendario

La Turchia ammette: Correggeremo gli errori

Di: Redazione Metronews
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ANKARA Il governo di Ankara ammette per la prima volta che potrebbero essere stati commessi “errori” dopo il fallito golpe in Turchia e la seguente colossale epurazione nelle istituzioni dello Stato.
«Se ci sono stati errori, ripareremo», ha detto il vice premier e portavoce del governo, Numan Kurtulmus, durante una conferenza stampa ad Ankara. Dopo il tentativo di colpo di stato, le purghe hanno colpito le Forze Armate, il settore della giustizia e dell’istruzione così come quello dell’informazione.
Migliaia di persone sono state arrestate e sono circa 70 mila i dipendenti pubblici sospesi o rimossi dall’incarico. 
«I cittadini che non hanno legami con questa organizzazione», ovvero con i sostenitori dell’imam Fetullah Gulen accusato dalle autorità turche di essere l’ispiratore del fallito golpe, «non devono temere, devono stare tranquilli», ha detto Kurtulmus, perché «a loro non accadrà nulla». Gli altri «pagheranno», verranno allontanati dal settore pubblico e il governo, ha ribadito, «non avrà pietà» per loro. «Scusate – ha proseguito – ma ogni cosa ha il suo prezzo». 
Dal canto suo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ritirato le denunce per diffamazione contro due leader dell’opposizione accusati di averlo “offeso” e “insultato”. Il legale di Erdogan, Husayin Aydin, ha spiegato che la pratica per il ritiro delle denunce contro il numero uno del partito laico Chp, Kemal Kilicdaroglu, e il segretario del nazionalista Mhp, Devlet Bahceli, è stata presentata stamani ad Ankara, come riporta l’agenzia di stampa ufficiale turca Anadolu. 
Continuerà invece a fare il suo corso, sottolinea l’emittente Ntv, la vicenda che riguarda i vertici del partito filo-curdo Hdp, nel mirino per aver “insultato” il presidente. Erdogan ha più volte accusato l’Hdp di legami con il Pkk, considerato “organizzazione terroristica” dalle autorità di Ankara. L’Hdp nega ogni accusa. 
Venerdì sera, durante un evento organizzato a due settimane dal fallito golpe del 15 luglio e dopo la colossale epurazione che ha colpito le istituzioni dello Stato, Erdogan aveva annunciato che avrebbe ritirato tutte le denunce per “insulti” subiti. Secondo il ministro della Giustizia, Bekir Bozdag, in due anni sono almeno 1.845 le denunce presentate per “offese” a Erdogan, salito alla presidenza nel 2014.
L’articolo 299 del codice penale turco prevede il reato di insulto al capo dello Stato che può essere punito anche con il carcere, con pene che vanno dai due ai quattro anni. Sotto la presidenza di Erdogan l’articolo è stato utilizzato per colpire avversari politici, ma anche giornalisti e semplici cittadini, finiti nel mirino per critiche espresse anche sui social media. Il giorno prima del tentativo di golpe, il 14 luglio, Kilicdaroglu era stato condannato da un tribunale di Ankara a risarcire il presidente per averlo descritto come la “caricatura di un dittatore”, una “offesa” che sarebbe costata al leader del principale partito di opposizione 50.000 lire turche, l’equivalente di poco più di 15.500 euro.
Intanto la Turchia torna a chiedere agli Usa l’estradizione dell’imam Fetullah Gulen, accusato dalle autorità turche di essere l’ispiratore del fallito golpe dello scorso 15 luglio. Gulen vive in Pennsylvania. Oggi il premier turco Binali Yildirim ha in agenda un colloquio con il capo degli Stati Maggiori Riuniti Usa, Joseph Dunford. 
Gli Stati Uniti dovrebbero «capire la Turchia: cosa farebbero se un prete tentasse di rovesciare il governo statunitense?», afferma il vice premier turco e portavoce del governo di Ankara, Numan Kurtulmus, in una conferenza stampa nella capitale turca. 
METRO

1 Agosto 2016
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