Ankara tra due fuochi
Turchia, attentati, oggi. A digitarlo online, il paese della mezzaluna è come il meteo. Non dà la temperatura del giorno ma la conta dei morti, la panoplia delle bombe che fanno il botto. Diversamente dalla strage di Dacca, la matrice dell’Is pare acclarata nell’assalto all’aeroporto Ataturk di Istanbul. In tutt’altro contesto, qui hanno agito tre kamikaze delle ex repubbliche sovietiche, non rampolli dell’alta borghesia, facendo oltre 40 vittime. Il doppio, un terzo stranieri. Solo venti giorni prima un attentato vicino all’università statale, rivendicato dai “falchi” curdi del Tak, aveva fatto 12 morti. Nei primi mesi dell’anno, due gli attacchi attribuiti all’Is – oltre a quello costato la vita a più di 100 persone, al corteo filo-curdo del 10 ottobre, ad Ankara – a Sultanahmet e Istiklal, con 16 turisti uccisi. Altre decine in un paio di marca incerta, ancora nella capitale turca.
Insomma, la strategia del duplice terrore, di matrice islamista o curda – o dell’estremismo nazionalista anti curdo, con l’aggiunta di qualche “servizievole” manina – punta sul nervo scoperto del turismo, come in altri paesi, che da risorsa cruciale per l’economia, tracolla.
Chi è causa del suo mal pianga sé stesso, recita il vecchio adagio, ed è il caso del governo turco. Erdogan e famigli per anni hanno nutrito e coccolato il califfato e ogni gruppo anti Assad, permettendogli di innestarsi ben dentro i confini siriani, rifornendoli in uomini e armi dalle frontiere dove si chiudevano ambo gli occhi, comprandone il greggio e curando i feriti negli ospedali del sud. Poi sono arrivati i russi e la pacchia è finita. Hanno fatto tabula rasa per anni di qualunque cosa sapesse di curdo, finché sono arrivati gli americani a rovesciargli il fronte e dar manforte agli odiati avversari. E gli ex amici di ieri, come i nemici di sempre, per tutta risposta seminano bombe sulla mezzaluna. Davanti alla strategia del terrore e all’isolamento il premier turco si è visto costretto a chiedere scusa ai russi per l’aero abbattuto, ricevendo in cambio il via libera per i turisti necessari come il pane. Forse concederà loro persino la base di Incirlik, dove già sono di casa Usa e tedeschi, per far bombardare i suoi ex amici. E ricuce i rapporti con Israele, sauditi e qatarioti, cambiando alleanze in vista dell’ultimo sforzo in Siria. Quanto all’Ue, l’Angela Merkel preferisce dargli 3+3 miliardi di euro perché si tenga i profughi che la sua politica contribuisce a creare. Ankara è tra due fuochi, ma Erdogan non si sente ancora sulla graticola.
MAURIZIO ZUCCARI
Giornalista e scrittore
© RIPRODUZIONE RISERVATA