Famiglie e lavoro
6:30 pm, 30 Giugno 16 calendario

A una madre su tre lavorare non conviene

Di: Redazione Metronews
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ROMA. «È proprio la famiglia a soffrire di più per le conseguenze di un cattivo lavoro: cattivo per la sua scarsità e per la sua precarietà». Lo ha detto Papa Francesco salutando ieri in udienza l’Associazione dei Consulenti del Lavoro. «Vi incoraggio – ha detto – a promuovere la cultura del lavoro che assicura la dignità della persona e il bene comune della società a partire dalla sua cellula, la famiglia». Una famiglia che, in  poco più di un decennio (2004-2015), è profondamente cambiata, come emerge dal rapporto “Famiglia, lavoro, gender gap: come le madri-lavoratrici conciliano i tempi”, realizzato dall’osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, pubblicato in occasione del Festival del lavoro 2016 che si è aperto ieri a Roma.
Le nuove famiglie
Complessivamente, spiega la ricerca, le famiglie tendono a essere sempre più piccole e perciò sempre più frammentate. Una su tre è composta da un single. L’aumento dei single e la diminuzione del tasso di fertilità ha  determinato nell’ultimo decennio la stagnazione delle famiglie con  figli (11 milioni) e la crescita di quelle senza figli, da 12 milioni nel 2004 a oltre 14 nel 2015.
Donne, lavoro sì o no
 Se dalla composizione del nucleo familiare passiamo al capitolo occupazione, quello che scopriamo leggendo il rapporto è che l’Italia  è il Paese europeo con il più alto rapporto tra inattivi e popolazione: un terzo delle donne italiane  25-49enni (33,3%) non lavora e neppure cerca un’occupazione. Alle madri con bassi salari, nel nostro Paese, non “conviene” lavorare, visto il costo del lavoro  domestico e di cura dei figli, svolto gratuitamente, che dovrebbe  invece essere pagato nel caso la donna decidesse di lavorare. Il costo dei servizi sostitutivi del lavoro  domestico e di cura dei bambini, in assenza di nonni o di altri  familiari, spiega la ricerca, è pari a circa 500 euro al mese. Il tasso di occupazione di una madre con al massimo la licenza media diminuisce in modo drammatico dal 45% nel caso la lavoratrice abbia un figlio al 36,7% con la nascita del secondo  figlio, al 26,4% con il terzo figlio e al 18,6% con quattro o più  figli.  Di conseguenza, solo circa 190 mila madri  inattive potrebbero rientrare nel mercato del lavoro se i servizi per  l’infanzia fossero più diffusi e meno costosi. Queste informazioni  portano a concludere, spiega il rapporto, che la scelta di non cercare un’occupazione da parte della grande maggioranza delle madri inattive per motivi familiari è volontaria. È prioritario, di conseguenza, spiega l’indagine, ridurre il costo dei servizi di cura per l’infanzia attraverso agevolazioni fiscali e con misure più ampie come quelle di welfare aziendale.
METRO

30 Giugno 2016
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