MAFIA CAPITALE
12:00 am, 28 Giugno 16 calendario

Mafia Capitale, Alemanno “Parlerò nel mio processo”

Di: Redazione Metronews
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Doveva essere uno dei protagonisti dell’udienza di oggi del processo Mafia Capitale. Invece ha preferito il silenzio. «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere». Con queste parole, l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno si è congedato in pochi istanti dall’aula bunker di Rebibbia, dove era stato convocato in veste di testimone dai legali di Salvatore Buzzi, decidendo di riservare le sue dichiarazioni al processo connesso che lo vede imputato per corruzione e finanziamento illecito per aver ricevuto, secondo la procura, circa 125 mila euro di dall’ex presidente della 29 giugno. «Questo non è il mio processo».
«Avevo pronto un lavoro di 180 pagine tra domande, ricostruzioni e chiarimenti», ha spiegato Alessandro Diddi, avvocato di Buzzi, ma l’ex sindaco, su consiglio del suo legale, ha preferito sottrarsi alle sue domande. «Credo che sia un modo di essere trasparente e corretto rispetto a un procedimento che è molto delicato, che deve essere spiegato bene – ha chiarito Alemanno lasciando Rebibbia – Tra poco tempo ci sarà la mia testimonianza nell’altro processo e lì risponderò a qualsiasi domanda e dimostrerò la mia innocenza. Tutti quanti si potranno tranquillamente avvalere di quelle che saranno le mie deposizioni e anche delle dichiarazioni spontanee che farò in quel processo». 
«Roma? Una macchina col volante rotto». Affrontando i cronisti, l’ex sindaco, più che soffermarsi sulla figura di Massimo Carminati o sui rapporti con il suo ex braccio destro Franco Panzironi e Salvatore Buzzi, ha preferito puntare il dito su chi lo ha preceduto in Campidoglio e sull’apparato amministrativo del comune, «che sfugge al controllo dei politici e quindi su questo bisogna fare la massima attenzione perché la politica su questo può fare poco. Appena sono arrivato in Campidoglio – ha aggiunto Alemanno – mi sono occupato del debito di 22 miliardi ereditato dall’amministrazione Veltroni e di quelle che erano le esigenze della città, mettendo in secondo piano il controllo sulla macchina amministrativa che doveva essere la priorità. Diciamo che mi sono avventurato in una durissima prova come quella di governare Roma con una macchina con il volante rotto e le ruote sgonfie qual è, purtroppo, la realtà amministrativa romana, malgrado tanti bravi lavoratori e dirigenti’».
Insieme a lui, avrebbero dovuto sfilare di fronte ai giudici della X sezione penale anche l’ex direttore del Sisde Mario Mori, che lo stesso Alemanno nominò consulente alla sicurezza durante gli anni in Campidoglio, e Raffaele Cantone, a capo dell’Anticorruzione, anche loro citati come testimoni dai difensori di Buzzi. Ma al primo non è stato possibile notificare l’invito per l’udienza. Mentre il secondo, che aveva comunque dato la propria disponibilità per il tardo pomeriggio, sarà ascoltato nelle prossime settimane.
Intanto, dal carcere di Tolmezzo dove è detenuto, Salvatore Buzzi, è tornato a parlare. Uno sfogo di pochi minuti in cui ha ricordato i tanti meriti della sua coop, al centro dell’inchiesta Mafia Capitale. «Nel corso della storia della nostra cooperativa abbiamo avuto 300 detenuti provenienti dalle carceri. Mi dispiace che non sia stato ricordato Cosimo Rega. Lui veniva da Rebibbia, lì ha scontato la maggior parte della detenzione, e sempre lì è stato girato ‘Cesare deve morire», ha detto, riferendosi al film dei fratelli Taviani, orso d’oro a Berlino 2012. «È molto facile essere adulati quando si è potenti ed essere dimenticati quando si è travolti da vicende. A me dopo il 2 dicembre non mi ha scritto più nessuno. Su oltre 300 detenuti mi hanno scritto in 3 o 4».
MARCO CARTA

28 Giugno 2016
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