Brexit, molti sognano di fare dietrofront

GRAN BRETAGNA Si moltiplicano i tentativi di bloccare la Brexit, ma sembrano piuttosto velleitari. Sono ormai 3,2 milioni i britannici che hanno firmato la petizione al Parlamento perché il Regno Unito organizzi un secondo referendum sull’uscita dall’Unione europea. La proposta, di improbabile applicazione, chiede ai deputati «l’applicazione di una norma per cui, se il voto a favore di uscire o restare è al di sotto del 60%, con partecipazione minore del 75%, dovrebbe convocarsi un altro referendum». Probabile che il Parlamento comunque ne discuta, come da tradizione.
Altro attacco alla scelta del Leave viene dalla Scozia. Il Parlamento di Edimburgo potrebbe bloccare la Brexit, negando la ratifica dell’esito del voto. «Chiederò ai parlamentari di negare il consenso legislativo», ha detto la signora Nicola Sturgeon, primo ministro di una regione in cui il Remain ha prevalso sul Leave con il 68% dei consensi. Anche qui è improbabile che ci siano effetti concreti su Brexit, ma di altro genere sì. La Sturgeon non ha escluso la possibilità di un secondo referendum per l’indipendenza della Scozia, che comunque tratta con l’Unione europea per «esplorare tutte le possibili opzioni in vista di tutelare il posto della Scozia nella Ue». 
Anche in Inghilterra è crisi, soprattutto nei partiti tradizionali. mentre i conservatori hanno a che fare con le dimissioni di Cameron e cercano un’alternativa all’ascesa dell’euroscettico Johnson, è buio fitto tra i laburisti. Nove membri del governo ombra laburista si sono dimessi – e altri si attende che lasceranno – in segno di protesta contro il leader Jeremy Corbyn, giudicato «freddo e inefficace» nel referendum e quindi perdente e accusato di aver “licenziato” la ministra degli Esteri Hilary Benn accusandola di tramare contro di lui. Domani contro il segretario del partito ci sarà una mozione di sfiducia.
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