Cambiamento frenetico ma a volte serve fermarsi a riflettere
Le elezioni hanno portato una mezza rivoluzione in Italia. Innegabile. Ma al contempo è quello che sta succedendo da molto tempo, con continui cambiamenti di quadro e di protagonisti. È quello che succede in Europa, dove i partiti tradizionali soffrono e nascono sempre nuove realtà che squassano il sistema (ricordate quando ci propinavano la leggenda del bipolarismo? dov’è?). C’è un solo minimo comun denominatore: la voglia di cambiamento. In Italia come in Europa molti votano la novità a prescindere, votano contro il sistema ritenuto “vecchio”, anche a costo di fare un salto nel buio. Se ci pensiamo, in realtà non è un leit motiv diverso dall’affermazione di Berlusconi prima e di Renzi – il rottamatore e il riformatore – poi. C’è un bisogno frenetico e insopprimibile di cambiare. A prescindere da tutto.
La politica si interroga su quanto accade, ma non ha ancora trovato le categorie per darsi risposte. Non bisogna ragionare in politichese, non si tratta più di appartenenza partitica, ma forse neanche di una novità definita. Forse uno spunto di riflessione utile per tutti è proprio ragionare su questo sfrenato desiderio di cambiamento. Sicuramente il primo aspetto è che si tratta di una reazione alle malagestioni precedenti, a una politica che non ha saputo o voluto dare risposte. Vero. Ma forse c’è anche altro. Forse la smania di cambiare è una questione sociale prima ancora che politica. E qui posso lanciare solo dei flash. Forse la società di oggi non è più quella di un tempo: forse i cittadini-elettori non sono più quelli di prima. Una trasformazione che investe molti aspetti. Da tempo è stata costruita una società liquida, che rifiuta punti di riferimenti stabili. Non vuole fondarsi su valori solidi, rifiuta visioni complesse, e crede nel relativismo. La cultura (anche scolastica) che è stata costruita negli ultimi tempi potrebbe a molti apparire più superficiale, e non è stata sostituita da una istruzione 2.0. Tutto è veloce, mutevole, cangiante. Al marmo delle sculture si preferiscono le performances. Ma anche al posto fisso si è sostituito il precariato. Le nuove tecnologie offrono infinite possibilità, ma anch’esse si basano su rapidità e mutevolezza. Se tutto scorre così, se le categorie sociali di riferimento non esistono più, ovvio che anche la politica sia fluida. Ma su questo varrebbe la pena che anche noi cittadini-elettori riflettessimo. La costruzione di una società (ciò che è politica in senso nobile) richiede tempo e visione. Forse un po’ di pazienza per una cultura più solida e una politica lungimirante potrebbe essere utile.
OSVALDO BALDACCI
GIORNALISTA
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