MAFIA CAPITALE
11:01 pm, 14 Giugno 16 calendario

Il pentito: “Da Carminati le armi alle cosche”

Di: Redazione Metronews
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ROMA Massimo Carminati forniva kalashnikov alle cosche mafiose. Pistole e mitra per le rapine, che da Roma finivano direttamente in Sicilia. «Un vero e proprio sodalizio per le armi», che  secondo il collaboratore di giustizia Sebastiano Cassia, protagonista ieri del processo di Mafia Capitale, avrebbe legato il suo clan di appartenenza, quello diretto da Benedetto Spataro, a Massimo Carminati, considerato il boss di Mafia Capitale. «Noi ci occupavamo di tante cose, dalle estorsioni al traffico di droga e di armi», ha affermato Cassia nell’aula bunker di Rebibbia, dietro un paravento protettivo. «Spataro mi disse che Carminati era un suo amico dall’89 e che se c’era da fare una cortesia a lui, la si faceva, tipo andare a menare a qualcuno. Spataro prendeva le armi a Roma da Carminati e le portava in Sicilia. Io stesso ho visto due kalashnikov in casa sua ad Ardea».
Originario di Siracusa e vicino al clan Santapaola, Cassia, di fronte ai giudici della X sezione penale, si è anche soffermato sulle confidenze ricevute da un altro esponente della criminalità capitolina, Nicola Pirone, conosciuto nel 2009 durante la detenzione nel carcere di Sulmona. «Pirone mi parlò di alcune rapine che aveva fatto con altri personaggi di destra. Mi disse che le armi le aveva messe a disposizione Massimo Carminati, in particolare quelle per due rapine in due banche a Roma». Poi, in un secondo momento, ha sostenuto di aver conosciuto lo stesso Massimo Carminati in carcere a Rebibbia, «dove lo vedevo parlare con Michele Senese», senza tuttavia saper collocare temporalmente la vicenda. Una circostanza che ha spinto il legale di Carminati, Giosuè Bruno Naso, a fare istanza, tramite il Tribunale, per poter conoscere i periodi di detenzione in carcere di Massimo Carminati, Michele Senese e dello stesso Sebastiano Cassia.
I continui malori accusati da Cassia in aula, «mi viene da vomitare», non hanno impedito al tribunale di portare a termine il suo esame. Al contrario, il “pentito” Roberto Grilli, è riuscito a far slittare la sua deposizione, revocando la nomina del suo avvocato. Grilli, fermato nel 2011 a largo di Alghero a bordo di un’imbarcazione che trasportava circa 500 chili di cocaina, grazie alle sue rivelazioni sulla galassia criminale che ruotava intorno a Massimo Carminati, è considerato dalla procura uno dei testimoni chiave dell’intera inchiesta. Ma il tribunale per ascoltarlo dovrà ora attendere il prossimo 21 giugno. “Non sono nelle condizioni psicologiche di rispondere – ha detto ieri in aula – Mi stavo ricostruendo una vita, poi è uscito il mio nome sui giornali. Si è parlato della vendetta dello skipper e da quel momento vivo in uno stato di semibarbonaggio. Ho perso il lavoro, mi hanno sfrattato da casa e ora ho paura per me e per i miei cari».
MARCO CARTA

14 Giugno 2016
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