Isis
8:16 pm, 16 Maggio 16 calendario

Il combattente italiano che ha affrontato l’Isis

Di: Redazione Metronews
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TORINO Cosa porta un ragazzo di 25 anni ad imbracciare il fucile e diventare tiratore scelto? Quale strada, dritta o tortuosa, l’avrà condotto dalla sua camera di Senigallia, alla polvere, le macerie, e corpi straziati della resistenza curda contro l’Isis aKobane? Gliel’abbiamo chiesto. E Karim Franceschi ci ha risposto. Ma qualsiasi possa essere la risposta razionale, chissà quante volte ripetuta, è evidente tiene chiuso dentro di sé il bagaglio di emozioni, pulsioni, profonde passioni che nel gennaio 2015 gli hanno fatto compiere quello che ha definito «il passo in più». Come un fortino prezioso. Karim Franceschi ora di anni ne ha 26, è tornato in Italia – ma è un ritorno temporaneo – e sulla sua esperienza ha scritto un libro, “Il combattente” (Rizzoli Bur). Lo incontriamo poco prima della presentazione al Salone internazionale del libro di Torino.
Una domanda che le avranno fatto mille volte: perché?
Perché sono andato lì? 
Perché oltre ad essere andato nei campi come volontario ha deciso di partecipare alla lotta armata?
Non è stato difficile. Ho attraversato un filo spinato e poi ne è venuto tutto naturale.
Anche imparare a sparare?
Anche. Finché mi trovavo nel campo ad aiutare le vittime sentivo sì di essere utile, ma non abbastanza. Poi capisci che quella è una guerra che ci riguarda tutti, non si può rimanere a guardare. Fermare l’Isis riguarda ciascuno di noi.
I suoi genitori come l’hanno presa?
Erano consapevoli che sarei andato lì e non ho mai nascosto quello che pensavo. Sono sempre stato onesto con loro. Sono felici di vedermi ritornare.
Ogni ritorno in Italia, sembra di capire, è la programmazione di una nuova partenza. Cosa le manca di più?
I compagni e l’indipendenza dal capitalismo. È difficile raccontare cosa significa perdere un compagno, vivere sulla propria pelle la precarietà della vita, il dubbio sulla propria possibilità di sopravvivenza. Ma è importante rischiare tutto per la democrazia.
In Italia  ormai non si riesce nemmeno più a coinvolgere i cittadini in una manifestazione…
Spesso mi viene detto che siamo in una dittatura, che oramai la democrazia in Italia non esiste più. Beh, non è così. Usiamo con cautela le parole. Non si è persa la democrazia: siamo noi ad essere i responsabili di questo scivolamento quotidiano verso l’apatia e la perdita dei propri diritti. Sono cose molto, molto differenti.
Nel 2001 Metro riuscì ad andare nel Kurdistan turco, dove l’esercito nazionale provava a soffocare una resistenza diffusa. Oggi la Turchia, che non ha cambiato posizione, potrebbe entrare in Europa.
Questo pensiero mi fa paura. Spero non accada. L’Europa è nata sulle basi della Rivoluzione francese, di Primo Levi. E oggi deve riconoscersi e rifondarsi nei valori umani, affrontando la questione dei profughi. È il banco di prova col quale deve misurarsi e ritrovare il proprio codice genetico. Io ci credo ancora.
STEFANIA DIVERTITO

16 Maggio 2016
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